23 novembre 2025 / Cristo Re e Signore
2Samuele 5,1-3 / Salmo 121
Colossesi 1,12-20
Luca 23,35-43
Regnare è servire… servire è amare!
Quando un oggetto è diventato inutile decretiamo che “non serve più a nulla” e purtroppo diciamo questo anche delle persone che non apprezziamo. Un individuo, potrà essere usato come nel nostro mondo commercializzato e globalizzato, ma se ritrova in sé nuove energie per essere sé stesso sarà sempre in grado di rigenerarsi.
Anche facendo un regalo in realtà vorremmo donare noi stessi e, proprio perché ci riesce assai difficile farlo, lasciamo come un vuoto che nessun oggetto potrà mai colmare.
“Il vero amore, al contrario, è in grado di illuminare questo vuoto senza doverlo riempire con un di più numinoso. Anche se dessi tutto (cf 1Corinti 13) l’amore mostra che da ultimo, si tratta di nulla, che anche l’intero rimane incompiuto (S. Žižek). Così anche noi ci doniamo a vicenda in modo che ognuno possa diventare un donatore incompiuto e imperfetto.
Sulla croce Gesù raccoglie tutti gli amori nell’oggi del qui e ora, nel presente, così che l’amore possa davvero regnare sulla morte. Il vero amore non si dispiega in un lontano dopo, in un paradiso che promette un di più di felicità, di piacere, o di Dio solo sa cosa. L’amore coglie questa semplice, fuggente presenza e fa di essa, qui e ora, la verità dell’incondizionato essere-insieme”.
Contestualizzazione evangelica di Luca 23,35-43
Il racconto della passione e morte del Nazareno redatto da Luca ha molte caratteristiche originali che lo differenziano dagli altri ed è coerente con tutta la sua narrazione che attualizza nell’oggi delle persone incontrate da Gesù l’annuncio e l’esperienza della misericordia del Padre.
L’intera narrazione l’abbiamo già ascoltata nella “Domenica di Passione”, ora la liturgia concentra il focus sulla crocifissione che si rivela luogo culmine dei precedenti incontri e relazioni: anzitutto con Simone di Cirene “tipo” del discepolo che porta la croce seguendo Gesù (23,26, cf 9,23) e che evidenzia la misericordia usata da uno sconosciuto verso di Lui; con alcune donne mescolate alla moltitudine del popolo in un atteggiamento compassionevole che attrae l’ammonimento profetico del condannato (vv. 27-32); infine con due malfattori che condividono la sua stessa condanna (v. 33).
In tale contesto le prime parole del Crocifisso sono un’invocazione di perdono da parte del Padre per i suoi uccisori (v. 34) che contrasta con la reazione di derisione da parte delle autorità e dei soldati (vv. 35-37) e di uno dei due malfattori rimproverato però dall’altro (vv. 39-41).
Sembra che il precipitare della situazione abbia come “culmine” il dialogo tra questo delinquente, reo confesso, e Gesù: egli riconosce contemporaneamente il suo fallimento personale e la regalità di chi è crocifisso con lui (cf v. 42 caso unico nei racconti evangelici).
La risposta affermativa di Gesù è l’apice di tutto il vangelo: OGGI con me sarai nel paradiso! (v. 43).
Stare con Lui in croce è già il paradiso. Sembra paradossale ma è questo il senso della promessa che poggia su quell’oggi che, come spesso abbiamo notato, è la collocazione teologica più che temporale della salvezza che si fa storia nell’esistenza umana e di persone concrete (cf 5,21), soprattutto che ne sarebbero per ovvie ragioni escluse (cf 19,9-10).
Questa è la consapevolezza che deve maturare la comunità lucana: nessuno è escluso dalla misericordia del Padre; qualsiasi sofferenza vissuta con Gesù non è più una condanna!
Ambientazione liturgica
+ Dovremmo iniziare ogni celebrazione eucaristica entrando nell’aula liturgica seguendo la Croce, per non dimenticarci mai che siamo un popolo in cammino dietro il Signore Crocifisso la cui regalità, che in questa domenica solennizziamo, si manifesta proprio nella misericordia: l’amore che perdona [Riti inziali e Atto penitenziale].
- Proclamiamo nell’Evangelo di oggi una regalità “derisa” che non esterna nessuna potenza umana, anzi il contrario, rinuncia a “salvarsi” per “salvare”, un re vincitore della morte che diventa “porta” del paradiso.
- Questa è la vera “immagine di quel Dio invisibile” che finalmente esce allo scoperto nel suo piano di finalizzare tutto nel Figlio “primo e ultimo”, “mediante il quale tutto ha riconciliato a sé con il suo sangue versato sulla croce”; in Lui è la “pienezza” divina di un’umanità liberata e redenta pienamente integrata e rappacificata [Colossesi 1 – II lettura].
- Al gioioso ringraziamento di Paolo si unisce quello della comunità, non più solo per la città santa, ma come acclamazione per una cittadinanza di cui quella è stata solo un annuncio e una figura [Salmo 121].
+ Celebrare il Signore nella liturgia eucaristia costituisce il nostro oggi nel quale ciò che è proclamato e ascoltato diventa esperienza unica e universale insieme. Colui che ha assunto la nostra natura umana, prefigurato nella regalità di David uomo debole e insieme guida sicura, ci associa a sé in una comunione carnale che non ha eguali, in una sponsalità regale eterna. È infatti nella comunione eucaristica che noi sperimentiamo di essere “sue ossa e sua carne” [2Samuele 5 – I lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Dio nostro Padre,
che seguendo le orme del tuo Figlio,
ci hai chiamati a regnare con Lui
nella giustizia e nell'amore,
liberaci dal potere delle tenebre
perché, possiamo condividere
la sua risurrezione nel paradiso.
Amen.
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