Vicina è la Parola
1° NOVEMBRE 2025
Tutti Sante e Santi
Apocalisse 7,2-4.9-14 / Salmo 23
1Giovanni 3,1-3
Matteo 5,12-12
Santità
«I santi e le sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme
non sono esseri umani lontani, irraggiungibili.
Al contrario, sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra;
hanno sperimentato la fatica quotidiana dell'esistenza
con i suoi successi e i suoi fallimenti,
trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino.
La santità è un traguardo che non si può conseguire
soltanto con le proprie forze
ma è il frutto della grazia di Dio e della nostra libera risposta ad essa.
Quindi la santità è dono e chiamata che non possiamo comperare o barattare,
ma accogliere, partecipando così alla stessa vita divina
mediante lo Spirito santo che abita in noi dal giorno del nostro Battesimo.
Si tratta di maturare sempre più la consapevolezza
che siamo innestati in Cristo, come il tralcio è unito alla vite,
e pertanto possiamo e dobbiamo vivere con Lui e in Lui da figli di Dio.
Allora la santità è vivere in piena comunione con Dio,
già adesso, durante il pellegrinaggio terreno».
Francesco, 1° novembre 2019
Contestualizzazione evangelica di Matteo 5,12-12
La liturgia di oggi ci propone le Beatitudini di Matteo, “l’inizio” dell’annuncio messianico del Nazareno: la proclamazione della “felicità” di appartenere al Regno di Dio.
È un passaggio provvidenziale anche perché, dopo faticose e drammatiche controversie con i farisei attestate da Luca nei capitoli 17-18 delle scorse domeniche, ritroviamo la motivazione fondamentale delle opposizioni da parte delle autorità religiose e politiche alla predicazione messianica di Gesù.
Cosa costituiscono infatti le “Beatitudini”, che Matteo pone in un’ambientazione “sinaitica” all’inizio del lungo “Discorso del monte” (cf 5,1- 7,29), se non il ribaltamento dell’impostazione teologica israelitica, a tal punto che “la folla stessa era meravigliata per i suoi insegnamenti che erano così diversi dai suoi maestri della Legge mosaica, poiché insegnava con piena autorità”?! (7,28-29).
Mosè per primo, autentico ermeneuta della Torah, nella versione presente in Deuteronomio, promette ripetutamente al popolo in ascolto la “beatitudine” a condizione che tutti i precetti in essa contenuti siano “praticati e ascoltati” (cf Dt 5,1.32; 6,24), quindi al termine di un percorso di docilità alla Toràh, a volte anche drammatico.
Gesù invece ha iniziato la sua missione tra la gente emarginata della sua regione, la Galilea, annunciando che Dio è definitivamente presente in mezzo a noi [il regno di Dio] e questa è una nuova notizia, bella e buona per tutti [l’evangelo], poiché finalmente dà la possibilità di cambiare il modo di vedere la propria esistenza [la conversione] e di comportarci con Dio e con gli altri [la giustizia].
Il cambiamento più importante, e anche il più difficile, è quello di pensare e di vivere la religione non più come un dovere, ma come un’esperienza e una promessa di felicità, di ben/essere e di buon/vivere con Dio e con gli altri, già adesso e per sempre.
Ed è Gesù che per primo realizza ogni promessa di felicità e la attua Lui stesso, con il suo vivere da Figlio del Padre, mandato per farci lo stesso dono, e infine la vuole condividere e annunciare ai suoi primi discepoli, a noi e a tutti.
Questo è il dono della sua santità!
Di commenti alle Beatitudini ne abbiamo molti a disposizione, anche autorevoli (ultimo quello dell’amico Ernesto Borghi, Discorso della montagna, pp. 11-22).
Proverei “tradurre” così le 8 beatitudini di Matteo:
Beati coloro che si fidano solo di Dio
perché Lui è già tutto per loro.
Beati coloro che soffrono profondamente
perché sarà Dio stesso a consolarli.
Beati coloro che non sono prepotenti
perché Dio donerà a loro un mondo migliore.
Beati coloro che desiderano
e cercano ciò che vuole Dio per loro
perché Lui per primo lo realizzerà.
Beati coloro che provano amore e tenerezza per gli altri
perché Dio avrà a cuore la loro miseria.
Beati coloro che sono semplici e sinceri
perché Dio si farà conoscere a loro.
Beati coloro che realizzano la pace
perché Dio li considererà suoi figli.
Beati coloro che sono maltrattati
per aver compiuto ciò che Dio vuole
perché Lui è già tutto per loro.
Ambientazione liturgica
+ Il Vaticano II dice che la Liturgia è “culmine e fonte della vita cristiana”; in Matteo, la beatitudine di poterla vivere è proclamata da subito, fin dall’inizio: il Vangelo di Gesù ci fa partire da dove altri arrivano!
- Anche noi oggi “saliamo al monte del Signore” anche se non “abbiamo mani innocenti e cuore puro”; eppure Lui ci ha chiamati “nel suo luogo santo” e così ci santifica manifestandoci in Gesù “il suo volto” [Salmo 23].
- Questo è rivoluzionario anche rispetto al conseguimento della “santità” che festeggiamo oggi: sapere di essere realmente figli amati dal Padre e avere speranza in Lui anche se il mondo sembra non riconoscerci come tali, e se spesso nemmeno noi lo abbiamo chiaro [1Giovanni 3 – II lettura].
- La nostra gioia più grande dovrebbe essere quella di far parte di quella “moltitudine immensa e che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua… che hanno attraversato la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole bianche nel sangue dell’Agnello” [Apocalisse 7 – I lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre misericordioso ed eterno,
che ci doni la gioia di celebrare in un’unica festa
la gloria di tutti i Santi e Sante,
concedi al tuo popolo,
per la comune intercessione di tanti nostri fratelli e sorelle,
l’abbondanza della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.
Sulla morte, del Patriarca Atenagora I
“Tutto ha un senso, anche tu hai un senso.
Per questo tu non morirai affatto e quelli che tu ami,
anche se li credi morti, non moriranno.
Ciò che è vivo e bello, fino all’ultimo filo d’erba,
fino a quest’istante che fugge e nel quale hai sentito le tue vene pulsare di vita,
tutto sarà ormai vivo per sempre.
Anche la sofferenza così come la morte ha un senso
e diventano sentieri di vita.
Tutto infatti è già vivente, perché Gesù è risorto”.
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