Vicina è la
Parola
Esodo 17,8-13 / Salmo 120
2Timoteo 3,14- 4,2
Luca 18,1-8
L’elogio dell’INSISTENZA
Poco
sopporto le persone insistenti e petulanti… ma alla fine cedo alle loro
richieste, non so se per “togliermele dai piedi” o per acquisita convinzione; comunque
il fastidio rimane ogni volta che mi capita.
Questi
tali non si arrendono facilmente al primo diniego, sembrano quasi lottare non
tanto con me, ma per alzare un argine a qualcosa che inesorabilmente li
sovrasta e minaccia di sopraffarli, di travolgerli.
Ma
dinnanzi alle ingiustizie che affamano e insanguinano gran parte dell’umanità e
del nostro pianeta non possiamo tollerare che l’insistente “grido dei
poveri” rimanga inascoltato o sottaciuto. Deve infastidirci, romperci le
orecchie e il capo… anche la voce che utilizziamo nelle nostre preghiere deve
essere la loro, inascoltata supplica di giustizia.
Lo rimarrà per molto, per sempre?
Contestualizzazione evangelica di Luca 18,1-8
Mentre Gesù opera una guarigione come quella dei lebbrosi (Luca 17,11-19), segno del regno di Dio già avveniente, i farisei stanno ancora a interrogarsi sulla sua eventuale “venuta” che essi ritenevano destinata al futuro e quindi impensabile per il loro presente: “Il regno di Dio è in mezzo a voi” (17,20-21).
In realtà, anche la comunità lucana era attraversata dallo stesso interrogativo, anche se con connotati più storici (cf Atti 1,6). Ecco dunque il bisogno di un insegnamento rivolto ai discepoli per chiarire la dialettica-dinamica tra futuro e presente, “già e non ancora”, tipica della teologia lucana che fa del “mistero pasquale” del Signore il focus di tutta la storia della Salvezza, partendo da Israele (cf vv. 22-37).
Come suo solito, la
narrazione lucana pone qui una parabola molto realistica (come quella di
11,5-8) che apre su un aspetto sempre emblematico per la vita dei credenti: pregare
perché, per cosa… come? (18,1-8).
Pregare per credere… per
vivere!
L’invito ai discepoli a un
profondo discernimento [“Ascoltate”] potrebbe essere la risposta più
consona alla conclusione del Signore che è uno sconcertante, quanto
misterioso, interrogativo sulla fede, una sfida ancora più ardua: la percezione
della non curanza di Dio, il suo tergiversare difronte alle ingiustizie
nel mondo (cf v. 8b).
Il credente, come la comunità, avverte tutta la sua disarmata povertà [“una vedova”] e questa è la vera forza della preghiera per i nuovi invitati alla festa del regno di Dio inaugurato e attuato da Gesù, soprattutto nel momento in cui subiscono ingiustizie. La Chiesa del Signore sarà sempre “assetata di giustizia” (cf 6,20 ss.; Mt 5,6), in un mondo che ne è affamato e allo stesso tempo cinicamente incurante [“il giudice cinico”].
Ambientazione liturgica
+ L’azione liturgica ci pone in un atteggiamento che vediamo rappresentato da Mosè a favore del suo popolo, “stare ritti dinanzi a Dio” [Esodo 17 – I lettura]. È un gesto disarmato, “fino all’esaurimento delle forze, fino al limite di quanto un uomo può portare della consapevolezza della propria impotenza e del bisogno dei fratelli, fino al limite della tensione estrema della fede: in un dialogo che coinvolge Dio e l’essere umano nella lotta comune contro il non-senso, contro il male, l’ingiustizia che opprime i poveri”. (Comunità di Viboldone)
- Mentre c’è chi esce in battaglia in una lotta corpo a corpo, la comunità raccolta
in eucaristia interpreta l’esistenza dell’umanità e la sua storia credendo nella
Presenza viva che la attraversa per sempre, fin dalla creazione [Salmo
120].
- Al suo interno ci saranno sempre
falsi maestri che cercheranno e proporranno altre strade e altre convinzioni
sull’azione di Dio “onnipotente”: ma “l’uomo
di Dio resta saldo” perché è attrezzato dalla sola forza della parola di
Dio che ne manifesta la presenza come “manifestazione
del suo regno”. Da qui la sua “insistenza
a tempo debito e indebito” [2Timoteo 3 – II lettura].
+ L’insistenza evangelica della donna
cananea in Matteo (15,21 ss.) e della
vedova nel brano evangelico di Luca [1,1-8], oggi è per noi annuncio e invito alla fiducia non degli
illusi ma degli “amici” che conoscono
dal Figlio l’essere amati dal Padre (cf Giovanni
15,14-16).
“Questa
vedova, di cui si parla può simboleggiare la Chiesa stessa nel suo complesso o
quei poveri nello spirito che non hanno altra speranza che Dio”. (Rabano Mauro)
“Quanta paura nella cristianità! Si ha l’impressione che i cristiani siano senza fede, tanto sono stanchi e intimiditi di fronte a ciò che accade o che sta per accadere […]. Ma non basta una fede qualunque: bisogna lavorare con Cristo… averlo con noi, non come ostaggio… ma come guida”. (Primo Mazzolari)
Preghiamo con la Liturgia
Dio nostro Padre,
che hai accolto l'intercessione di Mosè,
dona alla Chiesa di perseverare
nella fiducia e nella preghiera
fino a quando farai giustizia ai tuoi amici
che a te gridano giorno e notte.
Amen.
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