vicina è la Parola
20 luglio 2025 – Domenica XVI C
Genesi 18,1-10 / Salmo 14
Colossesi 1,24-28
Luca 10,38-42
L’Essenziale è amare
La cosa peggiore che possiamo fare è “amare le cose ed usare le persone”
invece che “usare le cose per amare le persone”. (J. Powell)
Contestualizzazione evangelica di Luca 10,38-42
Prendiamo in considerazione il brano evangelico partendo dal suo contesto comunitario: la giovane Chiesa è attraversata da diverse tendenze: chi vuole dare priorità all’ascolto della Parola (cf in Atti: all’insegnamento degli Apostoli… cf 2,42) e chi invece ai bisogni dei poveri (cf 6,2.4).
Luca fa rileggere alla sua comunità quanto vissuto dal Maestro stesso nella sua esistenza terrena e nella sua frequentazione delle case dei suoi amici, come a Betania.
Le due sorelle, Marta e Maria evidenziano infatti, nei loro comportamenti, i due “movimenti vitali” di ogni discepolo e comunità: ascolto e servizio. Il primo senza l’altro rischia di rimanere un intimismo sterile; il secondo senza il primo può diventare un agitarsi e un preoccuparsi insufficiente a comunicare l’amore da cui ha origine. Un amore unico e necessario senza il quale non sussistono né ascolto della Parla né servizio (cf Luca 10,38-41, 11,1ss.).
La prossimità del “Regno di Dio in mezzo a noi” (cf 10,9b) è stato mirabilmente espresso nella parabola evangelica di un samaritano che si fa prossimo di un malcapitato (cf vv. 30-37). Alla questione come una provocazione il Maestro ha risposto su “come leggere la Torah” nei suoi due capisaldi dell’amare il Signore con tutto se stessi e il prossimo come se stessi (cf vv. 25-27).
Amare per vivere e vivere per amare! (cf v. 28: “Fa’ questo e vivrai”)
La propria esistenza, che apparentemente viene messa da parte, ritrova la sua vitalità e autenticità proprio nel “prendersi cura”, anzitutto praticato dal Maestro e poi raccomandato ai discepoli (cf 9,1-2.11; 10,9ss).
“Entrare... accogliere…” sono gli atteggiamenti di chi annuncia e di chi riceve (ed è un’altra caratteristica di questa prima parte del cammino “verso Gerusalemme” cf 9,51; 10,5.7-8.10).
Ecco che il “cammino del Regno” prosegue per le nostre strade su invito stesso di Gesù: “Va’ e anche tu fa’ così” (v. 37b), e come aveva raccomandato ai suoi “72” (cf v. 5ss.) Lui entra ed è accolto nella casa di Marta che però non è sola, ma ha una sorella Maria che si dedica all’ascolto della Parola del Maestro, mentre lei ne è distolta a causa dei molti servizi (cf vv. 38-40a).
Fin qui è normale e succede in ogni casa, come in ogni comunità, anche nel gruppo dei discepoli (cf 8,3)… stupisce però che Maria sia descritta nell’atteggiamento tipico da discepolo, lei una donna a cui le era negato dalla tradizione giudaica, ma che già il Maestro incluso in quel vedere e udire dei “benedetti” nella sua “lode al Padre” (cf 10,24 e 11,28).
Queste diversità nell’ospitalità vengono avvertite come un problema, una questione che dovrebbe interessare il Signore e su cui prendere una posizione risolvendo la dialettica a favore del servizio faticoso.
Tuttavia il Signore apprezza l’operato di Marta, ma ne mette anche in evidenza il pericolo che affanno ed agitazione le possano far dimenticare “per chi" tutto questo lavoro; mentre Maria, con il suo star seduta in ascolto, offre quell’aiuto che la sorella chiede e che è la motivazione del suo servire.
L’urgenza del servizio non è esente dalla tentazione di un suo esibizionismo fino a diventare “pretesa di aiuto” e “arma” di giudizio nei confronti di chi sembra trascurarlo, intento invece a salvaguardarne l’essenziale che per il discepolo non è l’inattività ma l’adesione al Signore.
Notiamo una progressione nell’insegnamento lucano del Nazareno culminato nel “farsi prossimo” come criterio di discernimento per una vita coerente, obbediente perché “rivolta a…” anche quando è “curva su…”, ma sempre consapevoli della propria impotenza e inutilità: “Siamo servi senza utile” (cf Lc 17,10).
La misura di questo atteggiamento è il modo nuovo di pregare che il Maestro trasmetterà ai suoi (cf 11,1-2).
Ambientazione liturgica
+ È proprio nella celebrazione eucaristica che noi, assemblea riunita in nome della Trinità, sperimentiamo la sua visita -come ad Abramo- e diventa nostro “ospite” attraverso il Figlio che si è fatto “ospite e pellegrino in mezzo a noi” (cf Prefazio comune VII pag. 403).
- L’ospitalità eucaristica è l’ambiente più idoneo all’ascolto e al servizio, che permette lo svelamento dell’Altro, della sua identità e della sua presenza feconda, nell’impossibilità umana generatrice di vita [Genesi 18 – I lettura] e il riconoscimento degli altri come fratelli e sorelle [Salmo 14].
+ Nella nostra “casa”, come famiglia e come Chiesa, il Risorto è nostro ospite secondo la sua promessa (cf Matteo 18,20) così nella casa di Betania: la stessa Celebrazione, nei due “momenti liturgici” della Parola e dell’Eucaristia, riflette i due atteggiamenti che il Maestro ha riconosciuto in Maria e Marta, e che il Signore richiede alla sua comunità credente e celebrante: ascolto attento ed operoso nel servizio [Luca 10,34-42 - Evangelo].
- È la consapevolezza richiesta ai suoi discepoli e ai credenti di ieri e di oggi, anche “ministri ordinati” senza nessun merito o utilità come lo era Paolo, “prigioniero del Signore”, mentre scrive alla comunità cristiana di Colossi. È sempre apostolo anche nell’inattività, in quanto continua ad esercitare la sua missione di servo per realizzare, attuare la Parola nei suoi cristiani provenienti dal paganesimo. Proprio in quella situazione si fa conoscere l’evento di Dio: Cristo risorto in noi, speranza di una vita libera e nuova [Colossesi 1,24-28 – II lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre santo e misericordioso,
nella casa di Betania tuo Figlio Gesù
ha conosciuto il premuroso servizio di Marta
e l'adorante silenzio di Maria:
fa' che nulla anteponiamo
all'ascolto della sua Parola.
Amen.
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