venerdì 11 luglio 2025

Vicina è la PAROLA 13 luglio 2025 – Domenica XV C “Cosa devo fare…?”

 Vicina è la PAROLA

13 luglio 2025 – Domenica XV C
Deuteronomio 30,10-14 / Salmo 68
Colossesi 1,15-20
Luca 10,25-37
Cosa devo fare…?” 
Ecco la nostra domanda e anche il nostro alibi, sempre concentrati sul dovere e sul fare… mentre prima c’è da vedere per sentire in sé stessi quello che provano gli altri; c’è da avvicinarsi abbandonando paure e resistenze. La cura non è un intervento sanitario, è tenerezza che ci coinvolge fino a sentire su di noi il peso che non possiamo portare da soli… ma coinvolgendo altri.
Le ferite da curare sono anzitutto le nostre: il nostro guaritore è anch’Egli ferito, e dalle sue piaghe siamo stati guariti” (Isaia 53,5; H. J. Nouwen, 1982).
Una parola seminata nel nostro cuore ci dice quanto siamo amati e sulla nostra bocca per dire che anche da noi altri possono esserlo… amati.

Contestualizzazione evangelica di Luca 10,25-37

Un'altra esperienza che la giovane Chiesa ha dovuto affrontare è stata come garantire a tutti, senza distinzioni, l’accesso alla vita eterna. Erano ancora vive le tensioni con il mondo giudaico dove prevaleva il merito sulla gratuità. L’equilibrio tra “amare il Signore con tutto sé stessi e il prossimo come sé stessi” era un binomio vissuto spesso in tensione e che nella comunità lucana viene risolto optando per la prossimità: si può amare con tutto se stessi solo Chi, con tutto sé stesso, si è fatto vicino a noi prendendosi cura di noi rendendoci ora capaci di amare come noi stessi

Leggendo sinotticamente l’incontro del Maestro con il dottore della Torah (cf Marco 12,28-31; Matteo 22,34-40) assistiamo al superamento in Luca di questa dialettica a favore di un amore unico e necessario senza il quale non sussistono né ascolto della Parola servizio (cf Marta e Maria in Luca 10,38-41; la preghiera di Gesù in 11,1 ss.). 

“Il Regno di Dio è vicino a voi” questo è l’annuncio che Il Signore affidò ai “72” (cf 10,9b).

Il Regno, “Presenza” di Dio vicino… quanto? 

Vicinissimo in modo sorprendente; prossimo non solo come superlativo, ma l’essere di Dio in Gesù di Nazaret che, Figlio amato dal Padre, esulta nello Spirito rivelandolo tale a chi non oppone resistenze o non antepone le sue umane capacità. È proprio la radicale prossimità interiore del Padre al Figlio che lo fa esultare di incontenibile gioia, poiché vede proprio nella piccolezza dei suoi discepoli manifestarsi la sua gratuita benevolenza, beati di vedere e di ascoltare questa rivelazione (cf vv. 21-24; 11,27-28).).

Ma chi presume di saperne abbastanza getta la sfida e si barrica dietro una domanda di comodo anche se legittima (cf 10,25-29).

La risposta di Gesù è una parabola che annuncia la sua prossimità: in Lui, Dio non è mai stato così vicino all’essere umano, che per molti versi lo percepisce “straniero/samaritano” alla propria esistenza; non è quindi soltanto un racconto esemplare sul come essere attenti e sensibili, generosi e disinteressati nell’occuparci degli altri o un’icona di misericordia caritativa… è una sorprendente e sconvolgente rivelazione/manifestazione che la vita eterna non si eredita come un diritto di successione e nemmeno la si merita nemmeno per l’osservanza della Torah: solo chi è capace di accorgersene conosce chi è suo prossimo, Dio per primo in Gesù e in Lui tutti lo sono!

Ora tutti, in quanto umani, possono ricevere in dono la vita eterna, basta saper vedere e provare compassione, avvicinarsi e curare, farsi carico…


Ambientazione liturgica

+ La Parola ci raggiunge, prossima alle nostre orecchie e al nostro cuore, e in questo ascolto si gioca anche il nostro agire nel praticarla e nel rapportarci con gli altri. Quanto è necessario un atteggiamento di totale apertura alla sua proclamazione liturgica! Non si tratta di avere un’attenzione scolastica ma la semplicità evangelica dei “piccoli”: un’accoglienza senza pretese di comprensione, interiore che la lasci agire in noi. 

              - La Parola è molto vicina” e la sua prossimità ci permette ora di agire come fu per Israele in esilio, lontano dalla sua terra e dal suo santuario ma non dalla Presenza nel cuore e nella bocca di ogni povero esule, come lo era stata in Mosè. La Torah non dice solo quello che si deve fare, ma annuncia quello che si diventa capaci di fare nel praticarla in forza della sua prossimità.

              - Dio gli è amico, alleato anche in questa miserevole situazione del suo popolo, come lo fu nel deserto, perché le sue parole sono gli stessi accadimenti, anche quelli più dolorosi…. e il popolo lo capisce come non mai, proprio in una situazione di “distanza” dalla terra che aveva ereditato. Da lì, infatti nascerà una nazione nuova con la forza costruttiva della Parola, suscitando la speranza in un nuovo intervento di Dio, personale [Deuteronomio 30 – I lettura / Salmo 68]. 

- Questa Parola, in Gesù di Nazaret, si è resa visibile, “si è fatta carne” (Giovanni 1,14) e nella sua risurrezione si è manifestata come senso e centro di tutto: in Lui è la nuova creazione; la pienezza che riconcilia gli opposti dell’esistenza e della storia; nel suo “corpo” glorioso che tutti ci unisce “rappacificati nel suo sangue sparso sulla croce” e “trasferiti” nel regno della Vita da persone nuove [Colossesi 1 - II lettura].

+ Partecipiamo a questa pienezza proprio nella celebrazione eucaristica, rinnovarsi della nuova creazione, elemento interiore che fa esplodere il vecchio per far spazio al nuovo.

Mangiando del suo corpo diventiamo il suo corpo!

- La carne della Parola è ora quella di ogni malcapitato che gli è prossimo e di cui è prossimo con la sua umanità solidale: vede e ne prova in sé il travaglio, avvicinandosi ne cura le ferite, facendosene carico, affidandolo alle cure di altri… che paradossalmente siamo noi! [Evangelo]

+ All’inizio di ogni nostra celebrazione invochiamo: Kyrie, Christe eléison! affidandoci alla sua misericordia; al termine, dopo aver sperimentato la prossimità della sua Parola e risanati dal suo Corpo e Sangue, ci affida le ferite dell’umanità da cui non possiamo più fuggire con la scusa di andare da Lui, ma a cui avvicinarci e farci prossimo appunto.


Preghiamo con la Liturgia

Padre santo e misericordioso,
che nel comandamento dell'amore
hai portato a compimento la Torah e i Profeti,
donaci un cuore capace di misericordia
affinché, a immagine del tuo Figlio,
ci prendiamo cura dei fratelli e sorelle
nel bisogno e nella sofferenza.

Amen.


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