Vicina è La PAROLA
16 Marzo 2025
II Quaresima/c
Genesi 15,5…18 / Salmo 26 – Filippesi 3,17- 4,1
Luca 9,28-36
Un luminoso cammino
Un tempo di “40 Giorni” proteso sulla Pasqua, un esodo per uscire da noi stessi e convergere con Cristo, crocifisso-risorto, il Signore verso il Padre.
Un cammino impegnativo per noi, ma non inedito poiché già percorso da Israele, da Abramo e dai Patriarchi, e infine da Gesù stesso: i nostri passi verso un nuovo futuro sono illuminati dallo Spirito del Risorto.
Lotta e combattimento (I domenica)
per salire con Gesù sul monte dell’incontro con il Padre
che ci trasforma e ci trasfigura. (II)
Seguiamo Gesù, il Figlio, che ci conduce con sé da morte a vita, nell’abbraccio del Padre.
Ascoltando la sua Parola scopriremo di essere curati (III)
attesi e amati come figli/e (IV)
perdonati oltre ogni misura. (V)
Ambientazione liturgica
La seconda domenica è la tappa che segue alle prove affrontate da Gesù nel deserto per confermare la sua identità filiale messa in discussione dal “diavolo”, colui che cerca di opporlo e di divederlo dal Padre.
Ora Egli è sul monte con i suoi discepoli, davanti a loro la sua umanità è trasfigurata e il Padre lo rivela come “figlio amato e mandato” [eletto], prefigurando così la sua risurrezione.
Per il discepolo, come per il credente e l’intera comunità cristiana, si tratta di iniziare il percorso di “conversione”, di ritorno al battesimo -evento pasquale di rinascita- consapevoli delle difficoltà, delle sfide/prove, ma soprattutto che il Signore ha già percorso per primo questo cammino fino in fondo e che, attraverso la sua sofferenza e morte, ci ha manifestato e comunicato la Vita di figli, di figlie del Padre.
Siamo quindi invitati a iniziare il cammino quaresimale con fiducia perché già intravvediamo la meta gloriosa e gioiosa della nostra trasfigurazione.
Contestualizzazione evangelica di Luca 9,28-36
L’episodio della trasfigurazione di Gesù sul monte ai suoi discepoli, dopo la rievocazione delle prove nel deserto, nel racconto di Luca assume un significato particolare: siamo in cammino verso Gerusalemme (cf 9,51) nella direzione dell’uscita [esodo] del ministero di Gesù e nello stesso tempo già in vista della meta del nostro cammino quaresimale con questo anticipo di risurrezione.
Dopo la “dichiarazione” di Pietro e il primo annuncio della passione-morte-risurrezione con le conseguenti ricadute sulla sequela dei discepoli (cf vv. 18-27), ecco una tappa cruciale nella “salita” di Gesù a Gerusalemme (culmine suggerito dall’ultima prova in 4,9 e polo attrattivo di tutto il racconto lucano): sul monte con i tre discepoli a pregare. Quasi una pausa nella quale Egli cerca il Padre per scoprire il senso di ciò che è chiamato a compiere, nella quale appaiono anche i testimoni della rivelazione di Dio a Israele e della prima alleanza, Mosè ed Elia. Luca annota spesso che Gesù, in momenti cruciali per lui e per i suoi, si apparta a pregare (cf 3,21; 5,16; 9,18; 11,1).
La nube avvolge tutti e anche i discepoli sono partecipi inconsapevoli di questa manifestazione divina: è un evento cristologico ed ecclesiale che coinvolge anche noi comunità celebrante nell’evento liturgico.
Anche la voce del Padre, dopo il Giordano (cf 3,22), qui è percepita da tutti affinché i discepoli “ascoltandolo” riconoscano in Lui il Figlio scelto e amato, e di conseguenza rincuorati lo seguano fino a Gerusalemme condividendo il destino messianico (cf v. 23). Per ora non possono esserne evangelizzatori, ignari di ciò di cui poi diventeranno consapevoli. (cf 2Pietro 1,16-18).
L’immersione di luce e di gloria è infatti un anticipo della pienezza che giungerà nel giorno di Pentecoste (cf Atti 2), ma che nascosta nella quotidianità della nostra umanità è ancora per noi un faticoso cammino in salita, come lo è stato per Abramo “terrorizzato” di fronte alla Parola che si alleava con lui promettendogli benedizione di vita feconda, ma di cui si fidava [Genesi 15 – I lettura].
In realtà, per il Figlio e per i discepoli è un’immersione nella volontà del Padre che apre anche a noi un varco negli abissi della nostra storia, nel nostro essere umano fragile -misero corpo- spesso dolorosamente sfigurato, gettando segni luminosi di un’invincibile speranza fondata sull’esuberante potenza dell’amore del Padre che si manifesta nel Risorto [Filippesi 3 -II lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre, Dio misericordioso e fedele,
rivelaci il tuo Volto
e facci sentire la tua Voce
affinché ti cerchiamo intensamente.
Rinsalda la nostra fiducia
nel mistero della Croce di Gesù
perché lo seguiamo come suoi discepoli,
in una continua adesione amorosa a Te,
anche quando siamo nella prova
e nella difficoltà.
Amen.
16 Marzo 2025
II Quaresima/c
Genesi 15,5…18 / Salmo 26 – Filippesi 3,17- 4,1
Luca 9,28-36
Un luminoso cammino
Un tempo di “40 Giorni” proteso sulla Pasqua, un esodo per uscire da noi stessi e convergere con Cristo, crocifisso-risorto, il Signore verso il Padre.
Un cammino impegnativo per noi, ma non inedito poiché già percorso da Israele, da Abramo e dai Patriarchi, e infine da Gesù stesso: i nostri passi verso un nuovo futuro sono illuminati dallo Spirito del Risorto.
Lotta e combattimento (I domenica)
per salire con Gesù sul monte dell’incontro con il Padre
che ci trasforma e ci trasfigura. (II)
Seguiamo Gesù, il Figlio, che ci conduce con sé da morte a vita, nell’abbraccio del Padre.
Ascoltando la sua Parola scopriremo di essere curati (III)
attesi e amati come figli/e (IV)
perdonati oltre ogni misura. (V)
Ambientazione liturgica
La seconda domenica è la tappa che segue alle prove affrontate da Gesù nel deserto per confermare la sua identità filiale messa in discussione dal “diavolo”, colui che cerca di opporlo e di divederlo dal Padre.
Ora Egli è sul monte con i suoi discepoli, davanti a loro la sua umanità è trasfigurata e il Padre lo rivela come “figlio amato e mandato” [eletto], prefigurando così la sua risurrezione.
Per il discepolo, come per il credente e l’intera comunità cristiana, si tratta di iniziare il percorso di “conversione”, di ritorno al battesimo -evento pasquale di rinascita- consapevoli delle difficoltà, delle sfide/prove, ma soprattutto che il Signore ha già percorso per primo questo cammino fino in fondo e che, attraverso la sua sofferenza e morte, ci ha manifestato e comunicato la Vita di figli, di figlie del Padre.
Siamo quindi invitati a iniziare il cammino quaresimale con fiducia perché già intravvediamo la meta gloriosa e gioiosa della nostra trasfigurazione.
Contestualizzazione evangelica di Luca 9,28-36
L’episodio della trasfigurazione di Gesù sul monte ai suoi discepoli, dopo la rievocazione delle prove nel deserto, nel racconto di Luca assume un significato particolare: siamo in cammino verso Gerusalemme (cf 9,51) nella direzione dell’uscita [esodo] del ministero di Gesù e nello stesso tempo già in vista della meta del nostro cammino quaresimale con questo anticipo di risurrezione.
Dopo la “dichiarazione” di Pietro e il primo annuncio della passione-morte-risurrezione con le conseguenti ricadute sulla sequela dei discepoli (cf vv. 18-27), ecco una tappa cruciale nella “salita” di Gesù a Gerusalemme (culmine suggerito dall’ultima prova in 4,9 e polo attrattivo di tutto il racconto lucano): sul monte con i tre discepoli a pregare. Quasi una pausa nella quale Egli cerca il Padre per scoprire il senso di ciò che è chiamato a compiere, nella quale appaiono anche i testimoni della rivelazione di Dio a Israele e della prima alleanza, Mosè ed Elia. Luca annota spesso che Gesù, in momenti cruciali per lui e per i suoi, si apparta a pregare (cf 3,21; 5,16; 9,18; 11,1).
La nube avvolge tutti e anche i discepoli sono partecipi inconsapevoli di questa manifestazione divina: è un evento cristologico ed ecclesiale che coinvolge anche noi comunità celebrante nell’evento liturgico.
Anche la voce del Padre, dopo il Giordano (cf 3,22), qui è percepita da tutti affinché i discepoli “ascoltandolo” riconoscano in Lui il Figlio scelto e amato, e di conseguenza rincuorati lo seguano fino a Gerusalemme condividendo il destino messianico (cf v. 23). Per ora non possono esserne evangelizzatori, ignari di ciò di cui poi diventeranno consapevoli. (cf 2Pietro 1,16-18).
L’immersione di luce e di gloria è infatti un anticipo della pienezza che giungerà nel giorno di Pentecoste (cf Atti 2), ma che nascosta nella quotidianità della nostra umanità è ancora per noi un faticoso cammino in salita, come lo è stato per Abramo “terrorizzato” di fronte alla Parola che si alleava con lui promettendogli benedizione di vita feconda, ma di cui si fidava [Genesi 15 – I lettura].
In realtà, per il Figlio e per i discepoli è un’immersione nella volontà del Padre che apre anche a noi un varco negli abissi della nostra storia, nel nostro essere umano fragile -misero corpo- spesso dolorosamente sfigurato, gettando segni luminosi di un’invincibile speranza fondata sull’esuberante potenza dell’amore del Padre che si manifesta nel Risorto [Filippesi 3 -II lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre, Dio misericordioso e fedele,
rivelaci il tuo Volto
e facci sentire la tua Voce
affinché ti cerchiamo intensamente.
Rinsalda la nostra fiducia
nel mistero della Croce di Gesù
perché lo seguiamo come suoi discepoli,
in una continua adesione amorosa a Te,
anche quando siamo nella prova
e nella difficoltà.
Amen.
Abramo
RispondiEliminaE il Signore disse ad Abramo: vattene dalla tua terra
e dalla casa di tuo padre!
«Lech lechà», gli disse, “vai verso te stesso”.
Sei tu la meta, non casa, terra o patria.
A un bambino che nasce, cosa augureresti?
A un uomo, a una donna di oggi, con la terra che brucia,
osa diresti?
Le stesse parole di Dio ad Abramo, “lech lechà”,
vattene da questa visione del mondo, sporca e bugiarda.
Vattene da questa storia, dove ha ragione il più armato,
il più violento, il più immorale.
Vai a te stesso.
Dentro di te non hai armi, non cercare di riempire i tuoi vuoti con la violenza. Ma non senti dentro che la pace è più umana
che non uccidere?
E poi gli direi, come Dio ad Abramo: alza la testa, conta le stelle. Perditi con gli occhi nel cielo a fare quello che sembra impossibile.
L’immensità ti rende giudice davanti ad ogni dittatore.
Guarda in altro modo, guarda da un altro punto di vista,
non quello piccolo di casa, di patria, ma con l’ottica del grande, dell’infinito, dell’immenso, delle stelle e del loro mistero.
Trasfigurazione
RispondiEliminaQuesta domenica della luce ci ricorda che abbiamo
urgente bisogno di una trasfigurazione, di un cambiamento radicale. Di andare via da questi bassipiani
per guardare le cose dall’alto.
Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto.
Pregare trasforma, contemplare ti cambia il cuore,
e tu diventi ciò che contempli; diventi come Colui che preghi.
Guardano i tre, e sono storditi perché gettano lo sguardo sull’abisso di Dio.
“Che bello, Signore!” esclama Pietro.
La mia fede per essere pane, sale, luce, lievito deve discendere
da un “che bello” gridato a piena voce, da un innamoramento.
Dio è bellissimo. E ha un cuore di luce, come Gesù sul monte.
Che questa immagine resti viva nei tre discepoli, e in tutti noi;
viva per i giorni in cui il volto di Gesù invece di luce gronderà sangue, come sarà nel Giardino degli Ulivi, come oggi accade nelle infinite guerre del mondo, nelle infinite croci dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Alza la testa, guarda la luce del Tabor, guarda le stelle e vai, ritorna al cuore.
Preghiamo non per convincere Dio, ma perché ci aiuti
ad essere fedeli ai piccoli del mondo contro tutti i potenti:
“tienili per mano, baciali in fronte”.
Ci aiuti a credere che, nonostante tutte le smentite,
il filo rosso della storia è saldo fra le tue dita e che noi
dobbiamo porre mano non al futuro del mondo ma al mondo
del futuro, oltre il muro d’ombra delle cose e degli avvenimenti.
Per capire le linee di fondo su cui camminare abbiamo
le ultime parole del Padre in quel giorno luminoso:
“questi è mio figlio, ascoltatelo, ascoltate Lui”.