sabato 29 giugno 2024

Vicina è la Parola 30 giugno 2024 / XIII Anno/B Tu sei la Vita!

Vicina è la Parola

30 giugno 2024 / XIII Anno/B

Sapienza 1,13-15; 2,23-24 / Salmo 29

2Corinzi 8,7.9.13-15

Marco 5,21-43


Tu sei la Vita!

Quante vite si dissanguano attorno e davanti a noi, quante giovani esistenze “violate”, quanta paura ci assale che non ci sia più alcuna speranza e che ci paralizza in un immobilismo troppo spesso giustificato succubi di chi si può permettere tutto in vista di un bene superiore e universale…!

Quante mani non stringono per salvare dal mare tempestoso o per curare ma per soffocare ogni anelito di libertà e di felicità!

L’evidenza mondana ci deride quando, contro ogni apparenza, sosteniamo che “non è morta… ma solo sopita”!

Che forza ci vuole per credere e scrivere: “La soluzione finale… sarà l’Amore”?!! (Etty Hillesum) difronte alla catastrofe della shoah.

Ogni illusione è ormai delusa, ogni speranza disattesa… eppure Lui, dopo aver fatto spazio e vuoto attorno, ci afferra le mani e ci porta davanti alla morte ed anche a noi dice: 

Talithà Kum!” 

È una parola per tutta l’umanità che ha il sapore della tenerezza e la forza di un tuono.


Ambientazione liturgica di Marco 5,21-34

Nella vicenda umana di Gesù avviene l’incontro tra l’incessante forza vitale che anima fin dall’inizio l’essere umano ed ogni vivente, comunque accumunati e minacciati da un inesorabile destino di morte. In Lui si manifesta “l’Essere per la Vita” come volontà creatrice e come proiezione universale della sua “immagine” impressa in loro [Sapienza 1 e 2 – I lettura].

È una “pro-esistenza” che emerge in modo drammatico dalla folla ammassata attorno a Lui che pare trovarsi lì a proprio agio, nello stesso modo in cui Egli sta con noi oggi radunati in assemblea liturgica, perché ancora una volta dove siamo noi Lui è in mezzo a noi. Non ospite impassibile, ma attrazione del genere umano ferito e segnato, nella profondità della sua natura sanguinante, da un’inesorabile ed inarrestabile emorragia di vita che solo il tocco del suo vestito e la stretta della sua mano possono arrestare [Marco 5 – Evangelo].

Ma occorre un passo fuori dall’anonimato come Giàiro o cercare anche timidamente di toccarlo per vincere “l’invidia”, che genera paura e morte, per rimettere in circolo la vita. 

Non temere. Devi solo fidarti!”.

Come già ai discepoli sballottati dalle onde in mezzo al mare (cf 4,40 di domenica scorsa), ancora una volta “il miracolo del regno presente” è anzitutto nell’affidarsi irragionevolmente a Lui e lasciarsi condurre in un percorso di risurrezione: non è solo il flusso emorragico della donna ad arrestarsi ma la sua sfiducia in tutti e tutto; non è solo la ragazzina a risuscitare ma la sua intera famiglia e parentela che non le permettevano di crescere, di diventare donna libera e responsabile.

Da notare come cambia, lungo il racconto, il vocabolario: da bambina/piccola a fanciulla a ragazza dodicenne anche capace alzarsi e nutrirsi per camminare con le sue gambe… 

C’è sotto traccia il processo di crescita e di risurrezione di ogni comunità cristiana nella sua storia, nelle sue dinamiche interne e nei confronti di coloro che “rinascono/risorgono” con l’iniziazione alla vita cristiana.

È proprio così che il Figlio ci vede: dalla prospettiva del suo rapporto inesauribilmente “ricco” con il Padre; tutte le persone e le realtà alla luce dell’Amore verso il quale con fiducia si aprono, riprendono Vita, diventando capaci di accettare anche le debolezze e povertà altrui non arrestandosi di fronte alle proprie, anzi scoprendo in se stessi sempre nuove possibilità di dono perché “ricchi” di una Vita donata da Colui “che ricco si fece povero per noi [2Corinzi – II lettura].

Ma l’amore ha ritrovato tutta la sua energia vitale e la sua forza risanatrice, anche quello originario che sembrava ormai languire sommerso sotto le forze di male più occulte, ed è tornato ad essere, in Gesù il Risorto perché ceduto alla morte da quell’Amore, anzi come mai lo era stato prima, fonte vitale per tutti e per sempre: risurrezione!


Preghiamo con la Liturgia

O Padre,

che nel tuo Figlio povero e crocifisso,

hai voluto arricchire noi col tuo amore,

fa’ che non abbiamo paura delle nostre povertà

per essere capaci di portare ai nostri fratelli e sorelle

l’esperienza di una vita nuova

ed inesauribile.

Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.


sabato 22 giugno 2024

Vicina è la Parola 23 giugno 2024 / XII Anno/B TU sei proprio qui…

Vicina è la Parola

23 giugno 2024 / XII Anno/B
Giobbe 38,1.8-11 / Salmo 106
2Corinzi 5,14-17
Marco 4,35-41
TU sei proprio qui…
Contestualizzazione di Marco 4,35-41
La sera di quello stesso giorno
Comunque sia andata la giornata, quando scende la sera “la parabola” della nostra esistenza si tinge di insolite tonalità a volte anche contrastanti: pace interiore e serenità o ansia, nostalgia e rimorsi o senso di un pericolo…
Anche le serate di Gesù e dei suoi discepoli conoscono scenari diversi come l’intimità per poter raccogliere dal Maestro ulteriori parole di senso sul vissuto quotidiano, magari più personali e segno del “frutto abbondante”, anche se insperato (cf 4,8.20).
Quella sera però “il gruppo” riprende il largo, lasciando la folla sulla riva, con la stessa barca su cui Gesù aveva insegnato tutto il giorno (cf 4,1) diretti alla volta della regione dei Gerasèni, a sud-est del lago (cf 5,1).
Non c’è quiete per loro: “Andiamo all’altra riva…” (4,35) e di fatto poco dopo si scatena la tempesta!
Maestro affondiamo!
Gesù intanto dormiva… con la testa appoggiata s’un guanciale” (4,38).
Questa nuova situazione avrà stupito e forse anche innervosito i discepoli ora in affanno per il turbine di vento che soffiava violentemente contro e con le onde che potevano rovesciare la barca avendola già riempita d’acqua (cf v. 37); sconcertati sul motivo per cui non siano rimasti tranquilli a trascorrere la notte in un villaggio costiero, attorno ad un falò sulla spiaggia a raccontarsela durante una gustosa cena di pesce, invece di essere condotti dal Maestro stesso in una prevedibile tempesta di mare.
Non te ne importa nulla?” (v. 38b).
Solo dopo che Lui si è svegliato, ha zittito il vento, ha ingiunto all’acqua del lago di calmarsi e, chiedendo il motivo della loro paura ne ha rimproverato l’incredulità, hanno incominciato a chiedersi “Chi è costui? (cf vv. 39-41).
Il tumulto che in realtà li minacciava era quello annidato nel loro intimo già da tempo, abitato da domande e dubbi che ora erano venuti a galla, manifestando tutta la loro potenza.
Per un credente, una comunità in cammino 
che rischiano di naufragare nella paura.
Stavolta la “parabola” che “parla” della “presenza/regno di Dio” nella nostra esistenza, non è più la seminagione o la crescita del seme, ma le insidie personali e comunitarie che mettono alla prova la fede nella presenza dell’amore del Padre, anche in circostanze avverse e al limite, come furono le persecuzioni per le prime comunità cristiane.
Quest’esperienza spinge anche noi chiederci se ci abbia lasciati da soli nel momento in cui avevamo più bisogno di Lui, o che non gli importi nulla di noi e delle difficoltà che stiamo attraversando e la domanda è ancora più struggente per il credente che, pur convinto della sua “presenza”, non può fare altro che costatare il suo silenzioso sonnecchiare mentre attorno si scatenava il putiferio.
Ancora una volta Gesù, il Messia nazareno, colui che –unico– ha osato chiamare Dio “Babbo”, prima ancora che essere operatore di prodigi, si manifesta Egli stesso come “il miracolo”, che finalmente smaschera le nostre paure come assenza di fiducia e manifesta la forza di affidarsi anche nell’incombere di forze incontrollabili e nemiche della nostra integrità umana.
Il suo agire, che ci appare quasi un insulto alle nostre angosce ed all’impotenza del riuscire a tutelarci da noi stessi, rivela invece la forza contenuta nella debole fiducia di Figlio nel Padre, fino ad assumere gli stessi suoi connotati?! [cf Proverbi 8,30-31]
Veramente prodigiosa è la capacità che riesce a risvegliare nei discepoli per riconoscere “divina” la sua azione e in noi per una nuova dimensione del nostro vivere e ragionare umano: scatena l’apertura al superamento delle nostre misure che generano paure, alimentano lamentele e cecità al sempre nuovo miracolo della vita, delle nostre aspettative deluse perché prive di speranza e della vera libertà di affidarci alla potenza dell’amore che, nonostante tutto, ci sostiene e ci “spinge” avanti.
Ambientazione liturgica
Nella stessa situazione Giobbe, dopo averne passate di tutti i colori ed aver cercato risposte ragionevoli, non riesce a fare altro che arrendersi all’evidenza della “Presenza” che basta a “dominare” anche gli elementi cosmici ed esistenziali più avversi e che gli parla proprio “nel forte vento”; eppure si interpellano l’un l’altro, quasi rinfacciandosi l’uno all’altro: “Dov’eri tu?” [I lettura]
Gesù che “dorme nella nostra barca”, [parabolicamente profetizzato in Giona nel ventre del pesce più che in Mosè mentre attraversa le acque], non è il Dio impassibile alle nostre infelicità e angosce, assente… ma un anticipo del suo sonno misterioso sulla croce da cui si è calato fino alle radici dell’umana impotenza -la morte– risvegliando in noi le più sopite energie, ridonandogli nuova vitalità, ricostituendo “nuove creature”: la risurrezione! Tutti ora possiamo vivere liberati da un’esistenza autoreferenziale, poiché esistiamo in Lui e per Lui che è morto e risorto per noi [Paolo ai Corinzi – II lettura].
Preghiamo con la Liturgia
O Padre,
tutte le creature seguono il flusso del tuo amore
servono al tuo disegno di salvezza:
rendi salda la fede di noi, tuoi figli,
perché nelle tempeste della vita
possano scorgere la tua presenza forte e amorevole.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.


venerdì 14 giugno 2024

Vicina è la Parola 16 giugno 2024 XI dell’Anno/B Vangelo: una Parola che dice “Ci sono!”

Vicina è la Parola

16 giugno 2024
XI dell’Anno/B
Ezechiele 17,22-24 / Salmo 91
2Corinti 5,6-10
Marco 4,26-34
Vangelo: una Parola che dice “Ci sono!”
Contestualizzazione evangelica di Marco 4,26-34
Quando Gesù vuole esprimere qualcosa che lo riguarda direttamente e che ha un forte impatto sulla nostra esistenza ricorre al genere letterario delle “parabole”.
Tutt’altro che racconti infantili per gente ingenua o ignorante, alcune di esse danno filo da torcere anche a i più esperti esegeti. In fondo è proprio questo l’intento di Gesù: condurre le persone che lo ascoltano a riflettere sul loro vissuto, sulle loro esperienze esistenziali, anche quelle più “ordinarie” e quotidiane per rintracciarvi la presenza e l’azione di Dio.
Una di questa era, e per moltissimi lo è ancora, l’agricoltura e ciò che riguarda la “crescita” nella natura dove tutto è vitale, ma anche molto precario, esposto alle intemperie ed ai cambiamenti climatici, oggi come millenni fa.
Il Messia nazareno maturando la consapevolezza della sua umanità come “habitat” della sua figliolanza divina la annuncia ai suoi compaesani sapendo che, al di là dei termini, propone un’esperienza di una novità assoluta.
Le novità portano sempre con sé cambiamenti, sono veicolo di vere e proprie “rivoluzioni”, quindi già la loro recezione richiede una “conversione”, un’inversione di pensiero e di mentalità:
Il regno di Dio -la sua presenza d’amore- si è approssimato
convertitevi -cambiate modo di pensare- credendo al vangelo- alla gioia di questo annuncio”. 
(Marco 1,15)
Ma se è così vicino, dove posso incontrarlo e come posso riconoscerlo presente e operante?
Attraverso le realtà più umane, anche se spesso disumanizzate, scoprirò quanto e come Lui si sia approssimato a tutti noi, assumendole addirittura totalmente nella singolarità della sua persona umana.
Sono esse ad introdurci nell’ascolto della parola di Colui che le fa parlare della loro vera natura e della sua divina presenza, “il regno di Dio”, appunto. Esse stesse preannunciano la novità che le trascende e la loro comprensione si spalanca allo slancio di chi si affida alle prospettive della grazia assoluta.
Le possiamo far scorrere fin dall’inizio: le reti di pescatori “provetti” (1,16-20), le malattie di un’intera città e regione (1,29- 2,1-12), i soldi di un esattore (2,13-17), un banchetto di nozze (2,18-20), il rattoppo su un vestito logoro (2,21), il vino uovo in otri nuovi (2,22), le spighe in campo di grano (2,23-27), la mano di un paralizzato (3,1-6), la barca dei discepoli (3,7-12), diversi tipi di famiglie (3,13-21; 31-34), un ladro “incapace” (3,21-30), un contadino e la sua seminagione (4,1-20), una lampada in una stanza (4,21-25), il seme che cresce (4,26-29), anche il più piccolo (4,30-32).
Gesù, con molte parabole di questo genere annunciava la parola, perché così potevano capire. Con loro non parlava mai senza parabole; ma in privato con i suoi discepoli spiegava ogni cosa” (4,32-34). È dunque una sua scelta, lo stile più coerente con il suo essere “Parola di Dio incarnata” che viene a noi nella sua duplice polarità: elementi ed eventi della nostra comune storia umana che solo nella comunione con Lui, in forza della sua presenza, del suo “esserci qui e ora”, dappertutto e per chiunque, si sciolgono gli enigmi che tale prossimità crea in noi.
Per questo le parabole che ascoltiamo ci rimandano parole colme di gioia e di vita traboccante di Chi, con la sua identità ed esistenza, con il suo amore che lo ha portato così vicino a noi, può vincere il potere che la morte ha su di noi umani.
Ambientazione liturgica
Incarnazione: la Vita parte dal seme
In Gesù di Nazaret si compiono tutte le altre promesse, così che non siano parole vane ma “beatificanti”, anche per deportati prostrati e avviliti dalla prosperità dei potenti di questo mondo e dal non verificarsi della vittoria di un Dio in cui eppure avevano creduto secoli prima [Ezechiele 17 – I lettura]. 
Egli per primo si affida al Padre nel “gettare” tra noi la sua parola, senza preoccuparsi che fine farà, se il seme fruttificherà, in situazioni umane così desolanti e poco promettenti come le nostre attuali! Eppure, “come Egli stesso non lo sa”, il miracolo avviene, ogni giorno, nelle più piccole realtà umane [Marco 4 – Evangelo]. È Lui quel “seme” gettato nei solchi della terra, della nostra umanità, in una condizione di buio e di apparente inattività, che non rimarrà “da solo”, ma che l’amore “innalzerà” sopra ogni potere umano, perfino la morte (cf Giovanni 12,23-32).
E come affida a noi la sua parola in parabole, così consegna se stesso, dono di una speranza immensa e invincibile, più sicura delle certezze vitali più comuni o inscritte nelle leggi più anonime della natura [Salmo 91].
Accogliere questo suo evangelo, accogliere Lui come “buona notizia” ci chiede di lasciarci assumere, anche travolgere, dal suo dinamismo, abbandonandoci alla forza vitale del Padre, rifiutando le preoccupazioni per l’efficienza, per i mezzi fondati sul potere mondano e accettando di non sapere come condizione di vera conoscenza dei meccanismi dell’esistenza [2Corinzi 5 – II lettura].
Accettare “il sonno” come la “veglia”, nel loro alternarsi a volte indolente, necessari anch’essi per arrendersi all’amore e scoprire così la nostra umanità come “terra seminata di Vita”.
Preghiamo con la Liturgia
O Padre,
che spargi in noi e nell’umanità
i semi della tua presenza di amore
nella verità e nella bellezza,
accogliendoli con fiducia
e coltivandoli con pazienza,
porteremo frutti di giustizia e di pace.
Amen.


Vicina è la Parola 8 settembre 2024 - XXIII Domenica/B Un AMORE senza limiti.

Vicina è la Parola 8 settembre 2024 - XXIII Domenica/B Isaia 45,4-7 / Salmo 145 Giacomo 2,1-5 Marco 7,31-37 Contestualizzazione evangelica...