lunedì 12 febbraio 2024

Vicina è la Parola Domenica 11 Febbraio 2024 VI dell’Anno B Toccare

Vicina è la Parola 
Domenica 11 Febbraio 2024
VI dell’Anno B

Levitico 13,1-2.4-6 / Salmo 31
1Corinti 10,31- 11,1
                          Marco 1,40-45
Toccare
Sappiamo bene quanto ci sia costato durante il tempo della pandemia non poter fare gesti che fino a quel momento erano quasi istintivi e di cui abbiamo avvertito l’importanza, il significato, la necessità nel momento in cui sono stati proibiti.
Non potevamo più toccare, senza precauzioni, le cose che poi avrebbero usato altri fino a sfiorare la fobia di passarci le chiavi di casa, le posate, una penna per scrivere… nel riporre i gli alimenti nel frigorifero o gli indumenti nell’armadio.
Ma la cosa che ha cominciato a pesarci di più è stato sicuramente non poterci stringere la mano, abbracciarci… baciarci. “L’amore al tempo del covid” erano diventate anche istruzioni e tutorial per come avere contatti fisici e sessali in coppia senza il rischio di ulteriori contagi, oltre quelli che già ben conoscevamo.
Abbiamo capito ciò che non potevamo e dovevamo fare… ma siamo riusciti a sviluppare meglio gli altri sensi oltre al tatto? Forse siamo diventati più abili ad evitare piuttosto che a inventare modi per accorciare le distanze e superare le difese.
Toccare avrebbe voluto dire trasgredire… ma non solo allora ad una normativa: toccare per dire “ti sono vicino, ti voglio bene, ti amo…” è sempre trasgredire ad un equilibrio interiore che non vogliamo sovvertire.
Contestualizzazione evangelica - Marco 1,40-45
L’episodio, drammatico e commovente, conclude il capitolo 1 del racconto evangelico di Marco ed apre il passaggio alla narrazione successiva, costituisce quasi l’apice di queste “giornate” così fitte di impegni e ricche da essere già un condensato di tutta la narrazione riguardo all’azione messianica del Nazareno.
Senza indicare un luogo preciso, viene da Lui un lebbroso con una richiesta di “purificazione”, in un atteggiamento insolito che, violando le restrizioni legaliste, indica più di un desiderio di guarigione fisica: una supplica a Dio di essere salvato, liberato e reintegrato appieno nel regime vigente di relazioni con Lui e con gli altri (v. 40).
Tipici di Marco sono i verbi che qualifica i gesti, la loro successione, l’origine da un “amore viscerale”: compassione = lo squarciarsi delle viscere nel parto (v. 41). Gesù non è un guaritore: è Dio che genera a nuova vita i suoi figli condividendone le infermità, accorciando le distanze, toccando, trasgredendo ad ogni divieto legalista pur rispettandone le prescrizioni (v. 44).
Non temendo di toccare l’impuro, di essere contaminato non solo dalla malattia, ma dal suo stato, le parole di Gesù manifestano una decisa e imperturbabile volontà di agire in tal senso ed un chiaro rifiuto di una facile propaganda; inoltre vuole che il “risanato”, come un morto ritornato alla vita, risani ora l’ambiente in cui tornerà a vivere e che lo riconosca così (v. 45). Abolisce ogni emarginazione e segregazione, ridonando all’essere umano la sua piena dignità. 
I gesti ed i verbi che li esprimono ci comunicano ciò che avviene “in Gesù”: la guarigione inizia già quando Egli si commuove, la sua volontà, la sua passione d’amore per il lebbroso lo coinvolge progressivamente fino a toccarlo a dirgli “Lo voglio”.
Siamo davanti ad un testo “trasgressivo”: il lebbroso trasgredisce le regole ed anche Gesù lo fa consapevolmente; non è un fatto sporadico, evidenzia l’atteggiamento messianico di Gesù sul versante religioso e sociale.
Tuttavia la purificazione avvenuta accresce la fama e il desiderio di incontrarlo.
I continui contrasti presenti nella narrazione evidenziano che l’azione e le parole di Gesù sono dirompenti, non incasellabili, creano scompiglio… è così l’evangelo di Dio che annuncia si diffonde e raggiunge tutti.
L’episodio si conclude come è iniziato: “venivano a Lui da ogni dove” (v. 45c) seguendo il percorso inaugurato dal lebbroso (v. 40).
Ambientazione liturgica
Venne da Gesù”. 
Anche noi veniamo per celebrare l’Eucaristia ma la Parola ci indirizza verso Qualcuno che solo può ridonarci la nostra dignità perduta e riallacciare quelle relazioni che sono state compromesse dal nostro egoismo. Ci siamo emarginati [Levitico 13 – I lettura] o ci siamo sentiti scartati, le nostre piaghe ancora sono aperte… e questa è un’opportunità per accogliere la vita che ci guarisce [Salmo 31].
Ma nulla avviene per caso, dobbiamo volerlo perché Lui lo vuole. Quanto è potente il suo “lo voglio”. Così invocheremo prima della comunione eucaristica: “Di’ soltanto una parola ed io sarò salvato!” e quella Parola è proclamata oggi e riecheggia in ogni momento della nostra esistenza, strappandoci anche dalla paura di essere “contagiati dalla ferite dei gli altri”.
Non è forse l’esempio di Cristo che ci contagia? Paolo, pur non volendo “scandalizzare” e pur di “piacere a tutti in tutto”, ci invita a “fare ogni altra cosa a causa del Signore” [1Corinti – II lettura] e per il bene di tutti.
La liberazione ricevuta ci abilita a vivere nella libertà con ognuno, oltre ogni condizionamento e prevenzione. Sempre Paolo ci ricorda che “Cristo ci ha liberati dalla maledizione facendosi Lui stesso maledizione” (Galati 3,13).


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