10 novembre 2024 – XXXII Domenica/B
1Re 17,10-16 / Salmo 145
Ebrei 9,24-28
Marco 12,38-44
Amare da poveri
Contestualizzazione evangelica di Marco 12,38-44
Da ricco che era si fece povero per arricchire noi
Come sempre, nel Vangelo, i personaggi e gli episodi che sembrano marginali hanno invece un’importanza straordinaria e veicolano un messaggio fondamentale, che riguarda Gesù stesso (vv. 35-37).
È il caso della vedova, povera, che pur essendo destinataria della protezione divina -con altre categorie fragili [cf Salmo 145,19]- è ancora oggetto di soprusi e discriminazioni (vv. 38-40). Nell’intenzione dell’evangelista Marco diventa, chiave interpretativa di quello che il Figlio compirà alla fine di quella settimana verso il Padre e l’intera umanità.
Dall’apparente insignificanza e trascurato valore economico a confronto dei ricchi devoti, il gesto della donna, che nella sua miseria ha donato tutta la sua sussistenza, è posto come Evangelo di Colui che da ricco che era si fece povero e, svuotando tutto sé stesso, ci ha fatti ricchi della sua povertà (2Corinzi 8,9 e Filippesi 2,7).
L’evangelista infatti ci fa notare Gesù “seduto di fronte” alle tredici cassette delle offerte e dei tributi, “il tesoro del Tempio”, che “osservava come la folla vi gettava monete… molti ricchi… una vedova povera” (vv. 41-42). Questo non è un atteggiamento da spettatore, ma da protagonista: “guarda… e vede” il sopruso e l’ingiustizia sotto l’ostentata generosità legalista; la povertà e il totale donarsi che rischiano di passare inosservati anche da parte dei suoi discepoli!
La povertà come fiducioso abbandono nelle mani di Dio (cf la prima beatitudine di Matteo), le mani che si vuotano per gratuitamente dispensare solo amore e nessun altro bene (Atti 3,6) e la radicale insicurezza che si fa dono, sono le prerogative divine annunciate e compiute da Gesù stesso, per primo.
Tra la bassezza della ragazza di Nazareth (Luca 1,48) e i due spiccioli della vedova al Tempio si dispiega tutto il percorso messianico narrato da Luca del Nazareno e del dono del Padre in Lui (Giovanni 4,10) per tutta l’umanità (cf 3,16) fino a questa ultima tappa alla vigilia della sua Pasqua di morte e risurrezione (“nuovo esodo”).
Ambientazione liturgica
La Parola ci annuncia che possiamo vincere la nostra paura di rimanere poveri, senza niente, aprendoci al dono dell’amore gratuito riversato in noi, senza calcolare i nostri limitati mezzi e accogliendo l’altro, più delle volte sconosciuto, solo perché umano [1Re 17 – I lettura].
Il mistero della vita si riproduce e non prevale la morte dove l’amore ne vince la paura, in forza di Colui che “ha offerto sé stesso” [Ebrei 9 – II lettura] e che continua a farlo ora per noi nei gesti eucaristici.
La forza di quel pane che ci salva come “farmaco di immortalità” non nasce da una magia sacrale, ma lo è in quanto “segno efficace” di quell’amore che trova riscontro profetico nella vedova di Zarepta: non curante della propria sopravvivenza il Signore, donando il suo corpo, decide di sfamare noi!
Preghiamo con la Parola
O Padre, che sempre e solo doni,
fa' che sappiamo donare
tutto quello che siamo e abbiamo,
come le vedova con Elia
e quella indicata dal tuo Figlio Gesù
esempio di Lui
che ha offerto la sua vita per noi.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo
nel tempo e nell’eternità.
Amen.
1Re 17,10-16 / Salmo 145
Ebrei 9,24-28
Marco 12,38-44
Amare da poveri
Contestualizzazione evangelica di Marco 12,38-44
Da ricco che era si fece povero per arricchire noi
Come sempre, nel Vangelo, i personaggi e gli episodi che sembrano marginali hanno invece un’importanza straordinaria e veicolano un messaggio fondamentale, che riguarda Gesù stesso (vv. 35-37).
È il caso della vedova, povera, che pur essendo destinataria della protezione divina -con altre categorie fragili [cf Salmo 145,19]- è ancora oggetto di soprusi e discriminazioni (vv. 38-40). Nell’intenzione dell’evangelista Marco diventa, chiave interpretativa di quello che il Figlio compirà alla fine di quella settimana verso il Padre e l’intera umanità.
Dall’apparente insignificanza e trascurato valore economico a confronto dei ricchi devoti, il gesto della donna, che nella sua miseria ha donato tutta la sua sussistenza, è posto come Evangelo di Colui che da ricco che era si fece povero e, svuotando tutto sé stesso, ci ha fatti ricchi della sua povertà (2Corinzi 8,9 e Filippesi 2,7).
L’evangelista infatti ci fa notare Gesù “seduto di fronte” alle tredici cassette delle offerte e dei tributi, “il tesoro del Tempio”, che “osservava come la folla vi gettava monete… molti ricchi… una vedova povera” (vv. 41-42). Questo non è un atteggiamento da spettatore, ma da protagonista: “guarda… e vede” il sopruso e l’ingiustizia sotto l’ostentata generosità legalista; la povertà e il totale donarsi che rischiano di passare inosservati anche da parte dei suoi discepoli!
La povertà come fiducioso abbandono nelle mani di Dio (cf la prima beatitudine di Matteo), le mani che si vuotano per gratuitamente dispensare solo amore e nessun altro bene (Atti 3,6) e la radicale insicurezza che si fa dono, sono le prerogative divine annunciate e compiute da Gesù stesso, per primo.
Tra la bassezza della ragazza di Nazareth (Luca 1,48) e i due spiccioli della vedova al Tempio si dispiega tutto il percorso messianico narrato da Luca del Nazareno e del dono del Padre in Lui (Giovanni 4,10) per tutta l’umanità (cf 3,16) fino a questa ultima tappa alla vigilia della sua Pasqua di morte e risurrezione (“nuovo esodo”).
Ambientazione liturgica
La Parola ci annuncia che possiamo vincere la nostra paura di rimanere poveri, senza niente, aprendoci al dono dell’amore gratuito riversato in noi, senza calcolare i nostri limitati mezzi e accogliendo l’altro, più delle volte sconosciuto, solo perché umano [1Re 17 – I lettura].
Il mistero della vita si riproduce e non prevale la morte dove l’amore ne vince la paura, in forza di Colui che “ha offerto sé stesso” [Ebrei 9 – II lettura] e che continua a farlo ora per noi nei gesti eucaristici.
La forza di quel pane che ci salva come “farmaco di immortalità” non nasce da una magia sacrale, ma lo è in quanto “segno efficace” di quell’amore che trova riscontro profetico nella vedova di Zarepta: non curante della propria sopravvivenza il Signore, donando il suo corpo, decide di sfamare noi!
Preghiamo con la Parola
O Padre, che sempre e solo doni,
fa' che sappiamo donare
tutto quello che siamo e abbiamo,
come le vedova con Elia
e quella indicata dal tuo Figlio Gesù
esempio di Lui
che ha offerto la sua vita per noi.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo
nel tempo e nell’eternità.
Amen.
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