domenica 15 ottobre 2023

Vicina è la PAROLA 15 Ottobre 2023 XXVII Domenica dell’anno/A Invito a vivere

Vicina è la PAROLA

15 Ottobre 2023
XXVII Domenica dell’anno/A
Isaia 25,6-10a / Salmo 23
Filippesi 4,12-14.19-20
      Matteo 22,1-14
Invito a vivere
Siamo abituati a contrapporre diritti e doveri: come irrinunciabili per vivere ed a cui sottostare, anche a malincuore. Di mezzo ci sono le rivendicazioni individuali e sociali, da difendere strenuamente… senza accorgerci che l’essenziale ci è già donato e non serve pretenderlo o rivendicarlo.
Mi chiedo se la libertà sia un diritto o un dovere; così la pace… o il lavoro e la salute, o l’istruzione. Forse mi sono inoltrato in un discorso fuori della mia portata, poi già esplorato in “Dei diritti e dei doveri”, ma sempre attuale e mai da trascurare.
L’esistenza stessa può essere vissuta come un diritto o un dovere, oppure alla maniera consumistica approfittandone, mentre preferisco vederla con un invito, un’opportunità sempre nuova che mi viene offerta, magari proprio quando tutto quello che mi sembrava fosse in mio potere si è esaurito… o quando un ostacolo mi obbliga a fermarmi. 
Mi sorprende che questo invito non abbia nulla di formale o di ufficiale e che si rinnovi sempre, in modalità ogni volta inedite e che giunga a destinazione anche quando non sono ben disposto; eppure mi raggiunge a dispetto di tutto ed aspetta da me una risposta.
Forse è meglio non farlo attendere…
Contestualizzazione evangelica di Matteo 22,1-14
La terza parabola, che segue a quella dei vignaioli perfidi 21,33-43 preceduta dai due figli (21,28-32), accentua maggiormente la gravità del rifiuto di Gesù da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo in un contesto differente: un banchetto nuziale, che biblicamente evoca il rapporto di Alleanza tra il Signore ed Israele suo popolo (cf Isaia 22,12; 25,6-10; 54,1-3) e la presenza messianica di Gesù (cf 9,15; 12,25ss. Giovanni 2,1-12).
Le tre parabole costituiscono un unico percorso narrativo di polemica e in quest’ultima, solo dopo l’uccisione degli emissari e la giustificabile vendetta, il re giunge al desiderio di chiamare e far partecipare tutti, senza discriminazioni, alla festa nuziale del figlio che nella precedente parabola era stato già ucciso. Che questa festa alluda alla celebrazione festosa della sua risurrezione nella comunità messianica, in cui tuttavia continuavano a verificarsi le dinamiche descritte precedentemente? Può valere anche l’ipotesi che la prima parabola riguardi più Israele, la seconda Gesù, la terza si riferisca più alla Chiesa con l’interrogativo di fondo: quale ruolo ha ancora Israele nella storia della salvezza?
L’evangelista ci riferisce così l’esperienza delle prime comunità in rapporto con il regno di Dio annunciato fin dall’inizio dal Nazareno (cf 4,17.23; 5,3.10) ed a cui tutti si è chiamati gratuitamente: rifiutare l’invito apre però la possibilità che tutti siano invitati, senza alcuna discriminazione, tranne la propria autoesclusione (vv. 11-13). 
La mancanza dell’abito nuziale evidenzia infatti l’aver accettato l’invito però con altre motivazioni, non di partecipare ad una comunione personale e gratuita, e quindi alla fine si è smascherati. Può essere stata una situazione frequente tra i primi credenti: molti si avvicinavano alla comunità per curiosità, attratti dalla novità o per opportunità; prima o poi veniva un momento in cui chiedersi o sentirsi dire: “Amico, come mai sei entrato qui?”.
Non c’è dunque un “lieto fine” nel racconto, anzi la dimensione conflittuale perdura anche oggi e costituisce il percorso del regno di Dio nella storia.
Ambientazione liturgica
Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello” così siamo ammessi alla comunione eucaristica. È una dimensione spesso ignoriamo: la liturgia festiva è una “festa nuziale” in cui Cristo Sposo nutre di se stesso la sua Sposa, cioè noi chiesa (cf Efesini 5,29).
Basterebbe questo per darci una consapevolezza sempre nuova nel partecipare con un atteggiamento molto diverso da quello “devozione e intimistico” o “individualistico” che ci contraddistingue.
Così preghiamo dopo la prima lettura: il Signore prepara per noi un banchetto [Salmo 23].
È poi davvero triste che non pochi si siedano alla mensa senza poter o voler toccare cibo!
Il convito messianico è infatti per tutti e se c’è ancora un “resto” ha una funzione missionaria di estendere l’invito [Isaia 25 – I lettura].
Gesù non ha solo usato l’immagine del banchetto messianico, ma in una cena (come era solito fare) ha consegnato se stesso ai suoi discepoli e lo fa adesso con noi. Per noi questo è memoria di quello che fece Lui con i suoi discepoli e nello stesso tempo profezia di un futuro di Dio con tutta l’umanità, di cui la festa nuziale può esserne la similitudine più vicina: la gioia.
L’eucaristia che celebriamo ancora una volta ci giudica in base al nostro modo di parteciparvi: possedere ed escludere o ringraziare e condividere.
Solo noi possiamo autoescluderci dalla festa e dalla sua gioia escludendo qualcuno!
Preghiamo con la Liturgica
Padre, che inviti tutti gli esseri umani,
senza distinzioni alle nozze del tuo Figlio,
rivestici dell’abito nuziale
e donaci di accogliere tutti
al sorprendente banchetto del tuo amore.
Amen.



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