sabato 23 settembre 2023

Vicina è la PAROLA 24 Settembre 2023 XXV Domenica dell’anno/A Isaia Amico, quel che è giusto…

Vicina è la PAROLA

24 Settembre 2023
XXV Domenica dell’anno/A
Isaia 55,6-9 / Salmo 145
Filippesi 1,20c-24-27a
      Matteo 20,1-16
Amico, quel che è giusto…
Siamo giustamente indignati di fronte ad ogni forma di favoritismo clientelare e tutti ci facciamo paladini di un’economia “giusta” che includa pari dignità di genere sul lavoro, giusta retribuzione, abolizione dei privilegi, riconoscimento dei diritti acquisiti in base agli incarichi svolti.
“Oggi, ad esempio, una «giusta economia» non può ignorare i valori proposti dall’ONU, riguardanti l’impatto ambientale, la sostenibilità sociale e tutti gli altri obiettivi — in tutto sono 17 — da rispettare e realizzare entro il 2030 per uno sviluppo economico sostenibile e «giusto». La meta prefissa è nobile e ha bisogno anche della speranza che davvero non rimanga solo una «buona intenzione». Ma è una meta umana, ragionevole, condivisibile da tutti e, proprio per questo, perseguibile…; esiste anche un’altra logica economica, anch’essa perseguibile o che potrebbe essere attuabile almeno da chi, oltre a riconoscersi membro di una comunità umana, riconosca… un’ulteriore e fondamentale indicazione di senso della propria esistenza... che non si basa sull’eguaglianza, sulla parità, ma sulla singolarità per cui, come tale, è sempre unica e ad personam. 
«Ma che profitto si ricava da tale economia»? O in modo ancora più scettico: «Quanto tempo serve al padrone per ridurre al fallimento la sua vigna e tutta l’impresa agricola, se agisce così?». Domande più che sensate e realistiche, che mettono però in questione un altro elemento che vi è alla base: o Dio non capisce nulla di economia, per cui il fallimento di tali indicazioni è scontato, oppure per poter rispondere e verificarne la validità bisognerebbe provare a mettere in atto un sistema economico di tal genere. Un’utopia? Forse, ma senza utopie il mondo non sarebbe andato avanti di molto” (Ester Abbattista).
Contestualizzazione evangelica di Matteo 20,1-6
L’azione e la predicazione del Nazareno si è spostata dalla Galilea alla Giudea e attira sempre molta gente bisognosa di cure che trova da lui guarigione (19,1-2).
Sono i farisei a porre problematiche vissute anche dalla prima comunità come il matrimonio e la scelta della verginità (cf vv. 3-12), la presenza dei bambini (cf vv. 13-15, l’uso delle ricchezze per chi segue Gesù (cf vv. 16-29).
La chiave di svolta è il v. 30 che mette al centro “gli ultimi” nella predicazione evangelica ma soprattutto nella vita della comunità cristiana sull’esempio del Signore: i discepoli della prima ora non hanno nessun vantaggio sui credenti dei tempi successivi, questo anche Pietro deve capirlo bene.
Come sempre il racconto evangelico di Matteo ne dà spiegazione con una parabola presa dall’ambiente rurale.
Colpisce l’insistenza del “padrone” nell’uscire a chiamare lavoratori a tutte le ore (vv. 1-7), il patteggiare il salario (vv. 2.9-10), la possibilità di contestare (vv. 10-12), la riaffermazione del principio: gli ultimi saranno i primi, e i primi ultimi (v. 16).
Non si tratta di un “proverbio messianico”, ma di una prassi ecclesiale che emerge anche da perplessità e contrasti sul ribaltamento di gerarchie ritenute inamovibili fuori dalla comunità (in piazza) ed al suo interno (nella vigna): in essa non c’è spazio per arrivismi e precedenze, tutti siamo figli dello stesso Padre, è questo il principio di uguaglianza nel quale riconoscersi. Il vangelo di Matteo lo aveva già annunciato all’inizio: il suo amore è l’unica giusta ricompensa (cf 5,44-48).
E non si tratta di una dichiarazione generica, ma di un invito personale: “tu… amico” (vv. 13-14), siamo ciascuno interpellati individualmente: da una parte a non essere presuntuosi della nostra chiamata rispetto agli altri e dall’altra a confidare con loro di non essere esclusi.
Ambientazione liturgica
“Entriamo in chiesa” così alla spicciolata e la nostra attenzione rischia di essere rivolta esclusivamente “in alto”, trascurando chi ci è a fianco. 
Siamo cercati e trovati, invitati ad entrare operosamente in relazione con il Signore poiché si tratta di capovolgere la nostra mentalità ed il nostro modo di ragionare, di mettere in discussione il nostro rapporto con Lui rispetto a quello con gli altri [Evangelo].
Siamo accompagnati a percorrere vie che non sono abitualmente le nostre, ma che ci conducono più vicini a Lui e tra noi; a colmare distanze di pensiero non solo verticali, ma orizzontali [Isaia 55 - I lettura].
Il regno di Dio è costituito da nuove relazioni basate sulla gratuità del dono che non violenta la libertà di alcuno, anzi la suscita e ci invita a lavorare con Lui [Filippesi 1 - II lettura] gratuitamente, senza per questo essere invidiosi degli altri!
Se con il suo amore sempre e tutti ci precede e ci fa strada, tutti allora siamo dell’ultima ora! Solo Lui infatti è l’unico che ha portato il peso di tutta la giornata, è il figlio della prima e dell’ultima ora, perché la sua ora è stata quella del dono supremo e totale di se stesso per tutti, senza distinzioni, aderendo alla prossimità del Padre verso l’umanità.
Tutti siamo felici di essere invitati al suo banchetto di nozze [Comunione] ed ogni comunità eucaristica, spogliandosi di ogni pretesa arrivistica, dovrebbe accogliere “gli ultimi arrivati”, chiunque essi siano, ringraziando insieme nella gioia per l’infinita misericordia del Padre [Salmo 145]. (Comunità Monastica di Viboldone)
Preghiamo con la Liturgia
O Padre, 
i tuoi pensieri sovrastano i nostri
quanto il cielo sovrasta la terra:
concedi a noi la gioia semplice
di essere tuoi collaboratori
con quanti tu chiami,
senza contare meriti e fatiche,
lieti solo di portare frutti buoni
per la speranza del mondo.
Amen.


1 commento:

  1. I lavoratori della "prima ora" posso anche indicare Israele, l'elezione e la promessa legata poi all'osservanza della Torah; come nella comunità cristiana coloro che via via le si avvicinano ed entrano a farne parte: chiamati in momenti diversi e tutti parte della stessa compagnia. Il "padrone" (genere spesso usato nel racconto di Matteo come re/signore), nel corso della parabola si rivela più che un datore di lavoro un "amico" che cerca colaboratori, non servi. In effetti non gli interessa la produzione, ma che nessuno rimanga "disoccupato", tutti posso essere utili nel "regno", anche gli sfaccendati... gli iconcludenti, quelli che nessuno vuole alle proprie dipendenze: a questo "padrone" stanno a cuore le persone, e che tutti possano ricevere non una retribuzione ma un dono del suo amore.

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