VICINA È LA PAROLA
2 APRILE 2023
DOMENICA DI PASSIONE/A
Isaia 50,4-7 / Salmo 21
Filippesi 2,6-11
Matteo 26,14- 27,66
2 APRILE 2023
DOMENICA DI PASSIONE/A
Isaia 50,4-7 / Salmo 21
Filippesi 2,6-11
Matteo 26,14- 27,66
Una Comunità che legge la Passione del Signore
La liturgia della DOMENICA DI PASSIONE o DELLE PALME, prevede quest’anno la lettura del racconto secondo Matteo.
L’evangelista non ci consegna una “cronaca”, ma ci fornisce l’interpretazione di chi crede in Cristo e ne annuncia la resurrezione, e dunque legge gli eventi antecedenti nella “luce pasquale” che spiega, dà senso, illumina anche la sua sofferenza e la sua morte in croce.
Ascoltando e leggendo il racconto assistiamo, come folla convocata, al processo di Gesù, nel quale si affrontano la volontà del Padre e quella umana, in un dramma che è pasquale non solo per la sua collocazione temporale, ma anche per la sua dinamica.
Possiamo distinguere la narrazione in tre grandi parti: - il preludio (26,1-46)
- il processo religioso (47-75);
- il processo politico; morte e sepoltura (27,1-66).
La collocazione liturgica, eucaristica, di questa proclamazione ci esenta dal rischio di una “rappresentazione sacra” e ci pone a livello della “ripresentazione” di un evento salvifico alla luce del quale leggere la storia che stiamo attraversando e vivendo, come persone e come genere umano.
Il racconto è infatti “rivolto ad una comunità di credenti che già professano la fede nel Figlio di Dio e che nei suoi ultimi eventi imparano a vedere l’urto finale tra Cristo e i Giudei con il rifiuto del popolo eletto e la nascita di un nuovo popolo ad apertura universale e missionaria. Il continuo ricorso all’adempimento delle profezie insegna che il presente è una maturazione del passato e assicura ai
cristiani che la fedeltà di Dio nel passato è una garanzia per la vita attuale”1. Per una comunità già in difficoltà per prove interne ed esterne, la lettura della passione di Gesù doveva essere un conforto, ma anche un esempio di come affrontarle che “appare padrone del suo destino, pieno di potenza, cosicché gli avvenimenti [narrati] sono intellegibili solo nella fede al Figlio di Dio”, una comprensione che avviene anzitutto nell’assemblea liturgica da parte di un “catecheta e di un pastore” come si rivela Matteo2.
Nelle nostre celebrazioni liturgiche spesso opulente di riti, non è facile commentare il Passio facendo risaltare, al di là della suggestione drammatica del racconto, l’attualità di questa vicenda nei drammi del mondo contemporaneo ma il non farlo vanifica il nostro mandato come comunità kerygmatica. Dobbiamo superare l’abitudine ad ascoltare la passione, il non farci scandalizzare più, il fatto che ci sembri tutto scontato; ma il pensare alle nostre sofferenze, alla nostra morte questo sì che ci scandalizza, eccome!
Come per Gesù, la croce ha un senso anche per noi.
Non basta commuoversi nell’ascolto: dobbiamo saper leggere e vivere la nostra croce come quella di tanti altri nel nostro mondo.
“La Chiesa saluta questo Dio che è venuto nella sofferenza per salvarci: egli è vinto ma riporterà vittoria; è morente ma per darci la vita eterna… sa che cosa è costata al suo Signore la gloria della risurrezione”3. Egli illumina anche i momenti più tenebrosi della Chiesa primitiva e di oggi, dimostrando la sua forza contro ogni potere umano che sembra sovrastare l’umanità ed asservirla a sé, addirittura la morte (cf 26,52-53). La sua morte è annunciata inizio di una nuova presenza di Dio nel mondo (v. 51)4.
La comunità, che per la prima volta sentiva narrare dei giorni dell’esistenza terrena del Nazareno e per prima aveva anche ricevuto l’annuncio della sua risurrezione, ora ha bisogno di assimilare, insieme con i primi testimoni, il senso più profondo delle “cose accadute” (cf 27,54b); ma anche di non scandalizzarsi dei rinnegamenti e tradimenti della fede in cui sono coinvolti, come nemmeno delle persecuzioni di cui essi sono vittime e che nel “modo di soffrire” del loro Signore possono trovare un grande conforto e incoraggiamento5.
Una Comunità che ascolta la Passione del Signore
La quarantena 2021, nuova versione laica della quaresima, è stato il tempo favorevole che mi ha permesso di scrivere questo commento accompagnato dall’ascolto della Matthäus Passion BWV 244 di JOHANN SEBASTIAN BACH, nella formidabile esecuzione di JOS VAN VELDHOVEN della “Netherlands Bach Society” eseguita e registrata il 16 e il 19 aprile del 2014 nella Grote Kerk di Naarden.
Ora, sull’indiscutibile capacità di Bach di interpretare i testi evangelici in chiave di “Cantate” e di “Oratori”, non ho la competenza per dire molto, se non che essi hanno costituito per secoli, e in parte anche oggi, l’asse portante dell’austera liturgia luterana, soprattutto di aver musicato in modo mirabile testi di Lutero e della tradizione patristica.
La meraviglia è anche per aver musicato il testo sacro, affidato al “recitativo”, e soprattutto per averlo saputo interpretare coralmente e musicalmente facendovi emergere le categorie teologiche tipiche degli evangelisti ed anche i sentimenti che la lettura spirituale suscita6. Ci sono esempi straordinari di questo nella Matthäus Passion soprattutto in alcune famose arie. Comunque un mio sogno sarebbe quello di proporre una lettura commentata del racconto della Passione dell’evangelista Matteo con l’ascolto dell’oratorio di Bach e qualche sobrio commento. La riterrei un’utile proposta, per cristiani ed altri, di accostarci ai testi evangelici con una visione il più ampia possibile, che sappia avvicinare esegesi ed ermeneutica al necessario bisogno di comprensione contemporanea, di alto valore spirituale e culturale.
La liturgia della DOMENICA DI PASSIONE o DELLE PALME, prevede quest’anno la lettura del racconto secondo Matteo.
L’evangelista non ci consegna una “cronaca”, ma ci fornisce l’interpretazione di chi crede in Cristo e ne annuncia la resurrezione, e dunque legge gli eventi antecedenti nella “luce pasquale” che spiega, dà senso, illumina anche la sua sofferenza e la sua morte in croce.
Ascoltando e leggendo il racconto assistiamo, come folla convocata, al processo di Gesù, nel quale si affrontano la volontà del Padre e quella umana, in un dramma che è pasquale non solo per la sua collocazione temporale, ma anche per la sua dinamica.
Possiamo distinguere la narrazione in tre grandi parti: - il preludio (26,1-46)
- il processo religioso (47-75);
- il processo politico; morte e sepoltura (27,1-66).
La collocazione liturgica, eucaristica, di questa proclamazione ci esenta dal rischio di una “rappresentazione sacra” e ci pone a livello della “ripresentazione” di un evento salvifico alla luce del quale leggere la storia che stiamo attraversando e vivendo, come persone e come genere umano.
Il racconto è infatti “rivolto ad una comunità di credenti che già professano la fede nel Figlio di Dio e che nei suoi ultimi eventi imparano a vedere l’urto finale tra Cristo e i Giudei con il rifiuto del popolo eletto e la nascita di un nuovo popolo ad apertura universale e missionaria. Il continuo ricorso all’adempimento delle profezie insegna che il presente è una maturazione del passato e assicura ai
cristiani che la fedeltà di Dio nel passato è una garanzia per la vita attuale”1. Per una comunità già in difficoltà per prove interne ed esterne, la lettura della passione di Gesù doveva essere un conforto, ma anche un esempio di come affrontarle che “appare padrone del suo destino, pieno di potenza, cosicché gli avvenimenti [narrati] sono intellegibili solo nella fede al Figlio di Dio”, una comprensione che avviene anzitutto nell’assemblea liturgica da parte di un “catecheta e di un pastore” come si rivela Matteo2.
Nelle nostre celebrazioni liturgiche spesso opulente di riti, non è facile commentare il Passio facendo risaltare, al di là della suggestione drammatica del racconto, l’attualità di questa vicenda nei drammi del mondo contemporaneo ma il non farlo vanifica il nostro mandato come comunità kerygmatica. Dobbiamo superare l’abitudine ad ascoltare la passione, il non farci scandalizzare più, il fatto che ci sembri tutto scontato; ma il pensare alle nostre sofferenze, alla nostra morte questo sì che ci scandalizza, eccome!
Come per Gesù, la croce ha un senso anche per noi.
Non basta commuoversi nell’ascolto: dobbiamo saper leggere e vivere la nostra croce come quella di tanti altri nel nostro mondo.
“La Chiesa saluta questo Dio che è venuto nella sofferenza per salvarci: egli è vinto ma riporterà vittoria; è morente ma per darci la vita eterna… sa che cosa è costata al suo Signore la gloria della risurrezione”3. Egli illumina anche i momenti più tenebrosi della Chiesa primitiva e di oggi, dimostrando la sua forza contro ogni potere umano che sembra sovrastare l’umanità ed asservirla a sé, addirittura la morte (cf 26,52-53). La sua morte è annunciata inizio di una nuova presenza di Dio nel mondo (v. 51)4.
La comunità, che per la prima volta sentiva narrare dei giorni dell’esistenza terrena del Nazareno e per prima aveva anche ricevuto l’annuncio della sua risurrezione, ora ha bisogno di assimilare, insieme con i primi testimoni, il senso più profondo delle “cose accadute” (cf 27,54b); ma anche di non scandalizzarsi dei rinnegamenti e tradimenti della fede in cui sono coinvolti, come nemmeno delle persecuzioni di cui essi sono vittime e che nel “modo di soffrire” del loro Signore possono trovare un grande conforto e incoraggiamento5.
Una Comunità che ascolta la Passione del Signore
La quarantena 2021, nuova versione laica della quaresima, è stato il tempo favorevole che mi ha permesso di scrivere questo commento accompagnato dall’ascolto della Matthäus Passion BWV 244 di JOHANN SEBASTIAN BACH, nella formidabile esecuzione di JOS VAN VELDHOVEN della “Netherlands Bach Society” eseguita e registrata il 16 e il 19 aprile del 2014 nella Grote Kerk di Naarden.
Ora, sull’indiscutibile capacità di Bach di interpretare i testi evangelici in chiave di “Cantate” e di “Oratori”, non ho la competenza per dire molto, se non che essi hanno costituito per secoli, e in parte anche oggi, l’asse portante dell’austera liturgia luterana, soprattutto di aver musicato in modo mirabile testi di Lutero e della tradizione patristica.
La meraviglia è anche per aver musicato il testo sacro, affidato al “recitativo”, e soprattutto per averlo saputo interpretare coralmente e musicalmente facendovi emergere le categorie teologiche tipiche degli evangelisti ed anche i sentimenti che la lettura spirituale suscita6. Ci sono esempi straordinari di questo nella Matthäus Passion soprattutto in alcune famose arie. Comunque un mio sogno sarebbe quello di proporre una lettura commentata del racconto della Passione dell’evangelista Matteo con l’ascolto dell’oratorio di Bach e qualche sobrio commento. La riterrei un’utile proposta, per cristiani ed altri, di accostarci ai testi evangelici con una visione il più ampia possibile, che sappia avvicinare esegesi ed ermeneutica al necessario bisogno di comprensione contemporanea, di alto valore spirituale e culturale.
Ritengo sufficientemente esaustiva l’introduzione al racconto della Passione di Matteo da G. BARBAGLIO, in “I Vangeli”, Assisi 2008, pp.583-642. Per quanto riguarda il testo evangelico ho seguito la traduzione proposta da E. BORGHI, in Matteo, Milano 2019.
2L. DEISS, Introduction aux Evangiles, Tournai 1960, pp. 32-33.
3 A. NOCENT, Celebrare Gesù Cristo 3. Cittadella 1977, pp. 274-277.
4 A. VANHOYE, I racconti della passione, PAF 16 (1972) 87-90; 94-97; 114-118.
5 A. VANHOYE, in “I racconti” e in “Structure”; G. TOSATTO, in “La Passione” hanno ben indagato sulla comunità implicita al racconto della passione e morte di Matteo.
6 Rimando ad alcuni testi: PELIKAN JAROSLAV, “Bach teologo”, Piemme 1994. G. LONG, “Johann Sebastian Bach. Il musicista teologo”, Claudiana 1997. CHIARA BERTOGLIO, Bach: Passione secondo Matteo http://www.settimananews.it/cultura/bach-passione-secondo-matteo/
Un mio commento è pubblicato in http://www.tommasoapostolo.it/
Matteo 26, 2b. "Il Figlio dell’uomo sarà consegnato
RispondiEliminaper essere crocifisso".
Con un linguaggio molto scarno ed essenziale, Gesù colloca
nella Pasqua giudaica il suo personale destino di essere umano
che condivide quello della nostra umanità e che così assume
ed esprime tutto il suo valore salvifico.
Il corpo umano di Gesù, crocifisso,
sarà il vero e nuovo “agnello pasquale sacrificato”.
È poi Gesù stesso ad introdurre il mirabile “gioco delle consegne” che scandiscono quasi ritmicamente tutto il succedersi dei tragici avvenimenti narrati: “sarà consegnato”.
L’uso del verbo paradídōmi = consegnare, tradotto anche
con tradire/dare/donare, costituisce una vera categoria,
o come è più di moda oggi dire “la cifra teologica”,
attraverso la quale l’evangelista interpreta la passione e morte
in croce del Nazareno e che anche noi oggi dovremmo assumere molto più seriamente anche nella nostra teologia e spiritualità .
Il verbo è coniugato al passivo: chi è il soggetto?
Volutamente è sottinteso dall’evangelista, poiché di volta in volta saranno diversi gli autori di questa consegna: il discepolo Giuda l’Iscariota (cf vv. 15-16.46.48; 27,3), le autorità religiose giudaiche
(cf 27,2.18), Pilato (cf 27,26), paradossalmente Gesù stesso
(cf 26,26), tutti infatti contribuiscono, in un modo o in un altro,
al realizzarsi della volontà del Padre che lo consegna a/per noi
(cf 26,39b.42b).
Si può ipotizzare quasi “uno schema” del racconto della Passione secondo Matteo evidenziando il ricorrere del verbo “consegnare”:
RispondiElimina26, 1-13 La passione e morte di Gesù, “consegna pasquale”
14-16 La consegna di Giuda Iscariota alle autorità.
Il gesto della donna consegnato alla storia.
17-35 Gesù consegna se stesso nella cena pasquale.
Il gesto di Gesù di spezzare e dare il pane.
36-45 Gesù è consegnato [dal Padre] in mano ai peccatori.
Non è Giuda colui che veramente lo consegna
46 Gesù si consegna al Padre: colui che lo consegna. Alzatevi, andiamo.
47-56 Giuda lo consegna all’arresto.
I discepoli rinnegano la loro consegna/chiamata e fuggono.
57-75 Consegna alle autorità religiose e politiche.
Pietro non si consegna.
27, 1-10 Le autorità consegnano Gesù a Pilato.
Giuda ha consegnato “sangue innocente”.
11-44 Pilato, consapevole della consegna per invidia, consegna Gesù alla crocifissione.
45-56 La morte consegna finale
del Padre che abbandona il Figlio.