“LE PAROLE… LA PAROLA”
25 luglio-22 agosto 2021 / XVII-XXI Domeniche T.O. Un PANE che nutre con l’AMORE
Giovanni 6,1-71
Nelle prossime domeniche, dal 25 luglio al 22 agosto [XVII XXI Anno B], la Liturgia della Parola ci propone la lettura del capitolo 6 del vangelo di Giovanni: il segno della “distribuzione prodigiosa” dei pani ai 5000 (6,1-15) e il discorso di Gesù, nella sinagoga di Cafàrnao, sul “Pane di Vita” (6,24-69).
In questo modo si crea un’inserzione nella lettura liturgica del racconto evangelico di Marco che ci guida in questo anno [tra 6,30- 34 della XVI domenica e 7,1...23 della XXII] proprio nello stesso capitolo 6 dove l’evangelista racconta anch’egli la “distribuzione prodigiosa” a “5000 uomini”, dopo aver condiviso 5 pani e 2 pesci (6, 32-44).
Il racconto di Marco fa notare Gesù che, “mosso dalla compassione per la folla che era come pecore senza pastore” (cf Zaccaria 10,12; Giuditta 11,19), non solo “si mise ad insegnare a lungo la riva del lago”, ma sazia in modo definitivo, “messianico”, la fame “esistenziale” di ogni essere umano (così come la sete in Giovanni 4,14; 6,35, 7,38).
Il motivo di questo inserto preso dal vangelo di Giovanni è dovuto alla brevità di quello di Marco per tutto l’anno liturgico e soprattutto avvalla la tesi che il riferimento evangelico per Giovanni sia proprio Marco, anche se questo episodio è riportato anche da Matteo (14,13-21) e da Luca (9,10-17).
Il capitolo 6 ha un posto centrale nel racconto evangelico di Giovanni, sia per la comprensione della messianicità di Gesù che vuole dare ai suoi lettori, che per il profondo contenuto catechetico non solo in riferimento all’Eucaristia, ma all’intera esistenza cristiana che trova in Cristo colui che dà se stesso a noi come pane per la nostra Vita autentica e incorruttibile.
Per aiutarci a coglierne l’importanza, è riportato in questo sussidio l’intero capitolo, suddiviso nei brani che ascolteremo nelle liturgie.
Sarebbe davvero una grave lacuna che una catechesi così essenziale andasse disattesa solo per il fatto che in questo periodo estivo siamo più dispersi.
Giovanni 6,1-71
Il “segno” del pane e il “segno” dell’Eucaristia
Anzitutto l’ambientazione cronologica e narrativa di questo capitolo 6 del racconto evangelico di Giovanni è all’interno dei capitoli 5 - 12 ed il loro contesto “teologico” si colloca nel significato che l’evangelista vuole dare al “segno”1.
Inoltre la testimonianza evangelica sul Messia nazareno giunge fino a noi tramite le sue parole riportate nello scritto e soprattutto in tutto ciò che è “implicito” nel vissuto dei discepoli e delle loro comunità, ancor prima che la furia romana li disperdesse2.
Così, prima di iniziare la lettura di Gv 6, è forse utile premettere ciò che dovrebbe essere una conclusione partendo da alcune domande: il “segno dei pani” compiuto da Gesù e soprattutto il discorso che ne segue hanno un significato ed un valore eucaristico? L’evangelista vuole così esplicitamente sviluppare una “teologia eucaristica”?
Lo sapremo meglio alla fine del commento, ma fin dall’inizio possiamo dare alcune informazioni certe.
1 / Le comunità cristiane, già da decenni, celebravano la Cena del Signore, ritrovandosi a ripetere i gesti di Gesù trasmessi anche da Paolo: “prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: ‘Prendete e mangiatene tutti’…” (1Cor 11,23-24); li ritroviamo anche, secondo diverse tradizioni, nei Sinottici3 e sono gli stessi gesti che Gesù compie anche qui (cf v. 11).
1 Vedi in B. MAGGIONI, I Vangeli, Assisi 20082 pp. 1620-1627.
2 Mi riferisco alla “comunità implicita” che soggiace ai racconti evangelici, che precede e “sostiene” la comunità e i credenti a cui il messaggio evangelico è indirizzato. Vedi L. MAGGI E ANGELO REGINATO, Vi affido alla Parola, pp.76-77. Torino 2017.
2 / Possiamo fare due ipotesi:
a. erano gesti abituali da parte di Gesù, che poi diventeranno “simbolici” nella cena pasquale (ma Giovanni li omette nel suo racconto cf 13,4);
b. avendoli visti compiere nella cena pasquale ma non volendoli raccontare4, Giovanni li inserisce qui, lasciando poi al lettore e alla comunità di attribuirvi il valore che ritiene più opportuno alla luce di tutto il suo racconto evangelico5, ricco di allusioni variamente eucaristiche sin dall’inizio, dove il sovrabbondante agire divino non può essere vincolato e costretto in termini oggettivi.
3 / Notiamo che dai vv. 35-58 il “tenore eucaristico” aumenta man mano che il discorso procede, dove “nutrirsi di Lui” significa per i suoi ascoltatori e interlocutori fare propri i suoi atteggiamenti di Figlio nei confronti della volontà del Padre (cf 4,34), accogliendo il suo dono vitale e vivificante (cf vv. 53-57); proprio questo è il contenuto del “gesto eucaristico”!6.
4 / Inoltre il realismo dei verbi ricorrenti: mangiare, bere, masticare suppone l’esperienza in atto dei “gesti e segni eucaristici”, l’essere in comunione fisica e vitale con il Figlio, come lui con il Padre: “Chi mangia Gesù, partecipa al dinamismo vitale che deriva dal Padre e che, attraverso il Figlio, si trasmette ad ogni credente in Lui”.
3 Mc 14,22ss.; Mt 26,26ss.; Lc 22,19ss. Vedi l’intramontabile studio di JOACHIM JEREMIAS, Le parole dell'ultima cena. Paideia, 2000.
4 Giovanni vuole mettere in guardia le sue comunità dalla superficialità di celebrare formalmente un rito che non esprima nella condotta il suo significato di amore “fino alla fine” (13,1). Vedi il mio contributo in Giovanni, Edizioni Terra Santa, 2021, pp. 303-314.
5 E. BORGHI, op. cit., pp.118-120; Vedi 12,1-3; 13,2; 15,1-8; 21,5.9-10.12a.13.
6 S. PANIMOLLE, L’Eucaristia nella Bibbia, Roma 1998, pp. 146. 154. R. FABRIS, Giovanni, Roma 20032 pp. 326-328.
Comunque la finalità di tutta questa “catechesi” è di “accendere in noi la voglia di vivere come Lui; risvegliare al nostra coscienza di discepoli e seguaci per fare di Lui il centro della nostra vita. Senza cristiani che si nutrano di Gesù, la Chiesa languisce senza rimedio”7.
7J. A. PAGOLA, Giovanni, Roma 2013, p. 98.
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