venerdì 9 luglio 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 11 luglio 2021 – XV Domenica T.O. Libertà / Leggerezza / Letizia

 

LE PAROLE… LA PAROLA” 

11 luglio 2021 – XV Domenica T.O. 

Libertà / Leggerezza / Letizia 

Amos 7,12-15 / Salmo 84 / Efesini 1,3-14 / Marco 6,7-13 

 


Non riesco ancora a capire se fosse il momento più indicato  per affidare ai discepoli un compito così impegnativo, non che non  fossero all’altezza del mandato (forse non lo sono stai mai…) ma  vista la reazione all’insegnamento e all’operato del Maestro, forse  non era la situazione migliore. Anche perché in fondo Lui  “consegna” i suoi stessi compiti, addirittura “dà a loro potere sugli  spiriti impuri” (Marco 6,7 – Evangelo di oggi). 

Fin dall’inizio il racconto evangelico di Marco evidenza questo  “potere” di Gesù che suscita addirittura la meraviglia e lo stupore  da parte degli abitanti di Cafarnao (cf 1,21-27; 3,14-15). Che anche  i discepoli possano avere questo potere può voler dire la definitiva  inaugurazione della presenza dell’amore di Dio nella vicenda  personale e storica del genere umano [il regno di Dio], non solo da  parte del Messia nazaretano, ma anche dei suoi. 

“Marco collega strettamente tra loro una serie di  momenti: annuncio del Regno, chiamata dei primi  discepoli, guarigione di indemoniati e malati, perdono  dei peccati (cf 1,14-2,12). Il risanamento di quanto era  espropriato, afflitto o perduto è la sostanza stessa della  predicazione del Regno”. 

Chi segue Gesù, a dispetto dei propri limiti personali, è  coinvolto in questa esperienza, affermando con le proprie azioni e  parole che Dio ha definitivamente posto la sua presenza tra noi e  così, la storia e le persone che la vivono sono sottratte ad ogni altro  potere.  

“Quando il beato Puglisi lavorava nella periferia di  Palermo annunciando il Vangelo, ha subito compreso  che quell’annuncio doveva riscattare concretamente 

 quella gente dal male della mafia e dalla schiavitù della  paura. Non l’ha fatto con degli striscioni o politicizzando  il Vangelo, ma costruendo pazientemente luoghi di  incontro, di riscatto, di educazione. Per questo lo hanno  ucciso, perché liberava e guariva”. 

Non si tratta però di un potere da “super eroi”, va vissuto  nella massima precarietà e provvisorietà anche da noi, non  contando su mezzi umani che paventino un altro “potere” [si tratta  infatti di “poteri senza potere”… i munera!] e nemmeno sulle  proprie presunte capacità o attitudini. 

Una tonalità “francescana” di libertà, leggerezza e letizia… Escludendo ogni difesa e protezione, Gesù premunisce i suoi  dal rischio del rifiuto vissuto da lui stesso e quindi non garantisce  il successo. 

“Li invia con la forza inerme della comunione, “a due a  due” e con la prospettiva che il rifiuto sia “normale” e  quindi senza stupirsene o scoraggiarsi, pur nella radicale  criticità che essa rappresenta. 

E poi, la nota più bella è quella dell’accoglienza e  dell’ospitalità nelle case della gente, prospettate ma non garantite  (cf vv. 10-11). 

In fondo, questo “mandato” ci fa capire chi siano “i Dodici”,  fin dall’inizio coinvolti personalmente nel suo destino messianico  di “Servo sofferente”, e questo ci dà la vera misura di quello “stare  con Lui” all’origine della loro “chiamata” (cf 3,13-19) come piena  partecipazione al nucleo fondamentale della sua azione che si  manifesterà nella sua sofferenza, passione e morte in croce e che  loro stessi faranno fatica ad accettare e quindi a fare propria (cf  8,31-33). 

“L’impotenza di Dio si manifesta in Gesù come Parola  incondizionatamente misericordiosa ma anche esigente,  come appello a convertirsi, ad entrare in questa nuova  mentalità dell’amore gratuito che solo può fare appello 

 alla libertà, del dèmone minaccioso e pervasivo come  dell’essere umano, e che non può far leva su nessuna  potenza costrittiva se non quella del donare  gratuitamente la propria vita che libera e salva”. 

Tuttavia i discepoli “vanno per il mondo” con la  consapevolezza di essere inviati comunque e sempre ad uscire da  sé per offrire un messaggio nuovo e lieto. 

È questo il senso del farsi ospitare da chiunque, purché  accogliente, pur povero e sguarnito che sia, come seme in un  terreno capace di germogliare, radicale condizione per portare  frutto nella totale apertura e docilità. 

L’unica “difesa” ammessa, di fronte al rifiuto, è quella della  continua “peregrinazione”, non dunque fuga ma segno della  perenne ed ostinata volontà divina di raggiungere ogni cuore e  situazione “periferica”. 

Non ci è dato nemmeno di minacciare ritorsioni o punizioni  divine, come ai profeti che potevano almeno pronunciare “parole  infuocate” (Amos 7 -I lettura odierna), ma solo “benedizioni” che  provengono dal modo che il Padre stesso ha di “dire sempre bene  di noi”, non a parole ma “scegliendoci fin dall’origine, per essere  come Lui nell’amore, pro-destinati figli e figlie in Gesù Cristo, parte  di un disegno d’amore che manifesta sua volontà” (Paolo agli  Efesini – II lettura).

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