“LE PAROLE… LA PAROLA”
21 febbraio – 21 marzo 2021:
Seguiamo Gesù come figlie e figli incontro al Padre
Dopo le due domeniche introduttive, delle prove e della trasfigurazione (quasi un concentrato di quaresima: l’inizio e già la fine), ci è stata rivolta la parola del Padre: “E’ questo il figlio mio amato. Ascoltatelo!”, che vuol dire “seguitelo!”.
Le tre domeniche successive di quest’anno liturgico B ci propongono un percorso, attraverso tre brani del racconto evangelico di Giovanni1, per riscoprire e vivere più consapevolmente l’essere figlie e figli,sorelle e fratelli tra noi. Con il battesimo infatti siamo stati immersi in un’esperienza di “vita nuova” che nasce dal morire e risorgere con Gesù, il suo e nostro “mistero pasquale”2.
I Vangeli proclamati nella Liturgia ci condurranno in tre esperienze molto forti vissute da Gesù e che coinvolgono i suoi discepoli e i suoi oppositori, chi da pio israelita è alla ricerca della verità e addirittura i pagani, quindi anche noi.
In questo modo la Liturgia, celebrando la Pasqua del Signore e nostra, stabilisce l’alleanza nuova e definitiva che ci unisce con Lui e tra di noi.
III domenica - Giovanni 2,13-25:
Gesù è il Figlio che con la sua morte e risurrezione diventa “nuovo tempio”, “luogo” dell’incontro con il Padre. Nella sua risurrezione lo diventa la comunità dei credenti.
1Il motivo per cui si introducono questi tre passi del racconto evangelico di Giovanni nell’anno in cui si legge quello di Marco meriterebbe un mio approfondimento che sarà pubblicato entro il 2021 nella “Nuova traduzione ecumenica commentata di Giovanni” curata da E. BORGHI. 2 Potremmo quasi ritenere che se il ciclo liturgico A traccia un percorso “catecumenale” in preparazione si sacramenti dell’Iniziazione cristiana, i cicli B e C siano di carattere “mistagogico”: accompagnano il battezzato nel mistero di Cristo, Figlio del Padre e alla scoperta del suo amore misericordioso, una “scuola permanente” di vita cristiana celebrata e vissuta in comunità, luogo della nuova e definitiva Alleanza.
IV domenica - Giovanni 3,14-21:
Gesù è il Figlio “consegnato” dal Padre che “ha così tanto amato il mondo”: nel suo innalzamento in croce tutti trovano la Vita vera che illumina la loro esistenza.
V domenica - Giovanni 12,20-33:
Gesù è il Figlio “glorificato” dal Padre e tutti potranno riconoscerlo, “attratti” da una nuova esperienza di vita: il seme che muore nella terra per dare frutto. È la risurrezione!
7 marzo - Giovanni 2,13-25: In tre giorni lo farò risorgere: Esodo 20,1-17 / Salmo 18 / 1Corinzi 1,22-25
Da Cafarnao, dove si era fermato qualche giorno “con sua madre, i fratelli ed i suoi discepoli” e dopo aver dato il primo “segno” trasformando l’acqua in vino alle nozze di Cana (2,1-12), ora Gesù sale a Gerusalemme per celebrare la prima Pasqua giudaica che Giovanni ci riferisce nel suo racconto evangelico (cf 6,4 e 11,5).
Si dirige subito nel Tempio e, proprio in forza delsuo rapporto personale e unico con il Padre, sovverte l’apparato religioso, sclerotizzato e deviato, di un culto basato sul “commercio”.
Questo comincia a fare scandalo ed a suscitare l’opposizione delle autorità religiose e politiche giudaiche che via via diventerà sempre più esplicito e drammatico (vedi i capitoli 5, 7-8).
I gesti così violenti di Gesù vogliono dichiarare non solo lo sdegno per quel mercimonio, ma la fine di un’economia di salvezza basata sul merito e la compravendita, e l’inaugurazione un tempo nuovo: la libertà di ogni essere umano che, amato come un figlio dal Padre, liberamente a sua volta lo ama.
Nella festa nuziale di Cana la trasformazione dell’acqua in vino e l’inutilità delle “6 giare di pietra per la purificazione dei giudei”, segnavano già il radicale cambiamento in atto; ora “la distruzione” del Tempio (cf 2,19) è il segno tragico del ribaltamento, prima che dei banchi dei cambiavalute, di tutto
l’asseto religioso che essi rappresentano e che Gesù compirà nella sua morte e risurrezione. In Lui Dio stabilisce la sua piena e definitiva dimora (cf 1,14.11-18), frutto di una nuova alleanza nel Figlio, nel suo corpo donato e innalzato sulla croce, attrazione per tutti gli esseri umani, unità tra loro e con Dio (cf 12,33).
In effetti il Tempio aveva già perso la sua originale intuizione sia come luogo di adunanza e di ascolto per il popolo di Israele, sia di presenza del Signore con la sua kabòd = gloria, come fu nel deserto, e anche dopo la “Tenda del Convegno” (cf Esodo 33,7-10), luogo dinamico di vita e di speranza.
Ora che “Il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua tenda in mezzo a noi” (Giovanni 1,14), è il corpo umano del Figlio, Gesù di Nazareth, ad assolvere questo compito e, in lui, l’umanità di ogni persona (cf Marco 14,58).
Ma ciò non può avvenire senza una “distruzione” del tempio materiale, “segno” del suo “corpo” che seme macerato nella terra non rimane più solo ma porta frutto; che innalzato in alto sulla croce attira tutti a sé (cf i brani di Giovanni nelle successive domeniche).
Questo è “il segno” che ogni “cambiamento radicale” (conversione) chiesto da Dio a noi lo trova sempre, in prima persona, esposto a subirne gli effetti su di sé, nel Figlio suo e in funzione di noi, fino alla totale incomprensione.
Ci ricordiamo come i discepoli, rendendocene conto, che alla luce della sua risurrezione e per la forza del suo Spirito, dalla sua morte è generata la Vita?!
Quale energia si impossessa del suo e nostro “corpo” per farlo risorgere? Quale speranza ci è data nell’esperienza quotidiana della morte?
È lo “scandalo”, l’ostacolo al nostro pensiero ragionante e alle nostre concezioni religiose, la “follia” che Paolo denuncia ai cristiani di Corinto e a noi, sia da parte dei Giudei che dei Greci. Se
è scandaloso l’annuncio del crocifisso, non lo è di meno quello del risorto, fino alla derisione (cf Gv 2,20; Atti 17,31-32). Eppure è l’annuncio vivente di salvezza (Romani 10,9), l’Evangelo, perché l’Amore che lo anima non può essere materialmente distrutto da nessuna forza egoistica di preservazione (1Corinzi – II lettura di oggi).
Così si compie la vera alleanza tra Dio e la nostra umanità, ed anche la Legge data tramite Mosè per far “risorgere il popolo” con la liberazione verso la libertà e la vita (cf Esodo 20,1-17 – I lettura): nell’amore gratuito del Figlio fattosi uomo e nella verità che fà liberi (Gv 1,17-18; 8,32).
È un nuovo patto, che si salda nel più intimo del nostro processo vitale di morte-vita, dove non esiste separazione tra “sacro/profano”, senza confini o timori di invasioni: Lui in noi e noi in Lui, Lui tra noi!
L’Amore suo in noi fa scaturire, dove prima era irraggiungibile da attingere nell’intimo di noi stessi, il vero culto “in spirito e verità” (cf Gv 4,23-24), un dialogo dove ciascuno, riconoscendosi amato davanti al “Sono Io che parlo con te”, diventa un “Tu” capace di risposta piena.
Un “luogo” non più materiale, realizzato con relazioni rinnovate da quell’Amore che fa di molti “UNO” e che tra noi pone la sua definitiva e stabile dimora, aperta a tutti coloro che da Lui sono attratti.
Roberto
È importante distruggere per ricostruire, soprattutto in questo periodo così di incertezza verso gli altri, dobbiamo abbattere i pregiudizi e ricostruire i rapporti su basi più solide, togliendo etichette...che per abitudine siamo oramai “abituati”a mettere a tutti.
RispondiEliminaÈ difficile per me capire se le risposte che a volte mi do, sono veramente dettate da lui o dal mio orgoglio di essere umano, è difficile riuscire a capire quanto facciamo del nostro e quanto invece è merito suo..
RispondiElimina“Vero culto “in spirito e verità” (cf Gv 4,23-24), un dialogo dove ciascuno, riconoscendosi amato davanti al “Sono Io che parlo con te”, diventa un “Tu” capace di risposta piena.
È in questo caso che faccio difficoltà, pensando sempre che le risposte che mi do a volte siano plasmate su di me e sui miei bisogni...a volte troppi futili se uno si sofferma a pensare.