venerdì 4 dicembre 2020

“LE PAROLE… LA PAROLA” 6 dicembre 2020

 LE PAROLE… LA PAROLA” 

6 dicembre 2020 (Domenica II Avvento/B

Isaia 40,1-5.9-11 / Salmo 84 / 2Pietro 3,8-14 


Marco
1,1-8 

Consolazione 

“Il Signore ci consola con la tenerezza. 

La tenerezza fa paura… ai vizi clericali, dei cristiani tiepidi. 

Questo è il modo di consolare del Signore: con la tenerezza.  

La tenerezza consola. 

Le mamme, quando il bambino piange, lo accarezzano 

e lo tranquillizzano con la tenerezza:  

una parola che il mondo d’oggi, di fatto, 

cancella dal dizionario. Tenerezza. 

Lo stato abituale del cristiano deve essere la consolazione  

che non è lo stesso dell’ottimismo.  

Si parla di persone luminose, positive:  

la positività, la luminosità del cristiano è la consolazione. 

Dio bussa perché noi apriamo il cuore per lasciarci consolare  

e per lasciarci mettere in pace.  

E lo fa con soavità: bussa con le carezze”. 

FRANCESCO, 11 dicembre 2018 

Dinnanzi ad una Presenza ed alla sua Venuta non basta la  consapevolezza, occorre essere attenti e non distratti. Occorre che qualcosa, o meglio Qualcuno, attiri la nostra  attenzione e che lo avvertiamo come un annuncio rivolto proprio  a noi, come succede per alcuni spot pubblicitari che addirittura ci  attraggono e ci convincono: avevo proprio bisogno di questo di cui mi sta parlando… e non lo sapevo! Siamo concentrati su altro e il  messaggio ci distrae e ci attrae, spesso ci incanta a livello sub  liminale e siamo catapultati in un'altra dimensione, a volte  ingannevole, quasi di sogno. 

E non sembrano parole e visioni di sogno quelle di Isaia? A quel resto di Israele, deportato in Babilonia, saranno  sembrate proprio così quelle parole gridate “al cuore di  Gerusalemme: la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa  scontata” (Is 40,2 – I lettura; cf 51,9-10).


È proprio con questa profezia che inizia il “libro della  consolazione” (cf Is 40-66) che dà l’annuncio festoso del prossimo  ritorno di Israele dall’esilio e la fine della sua sofferenza; la prima  cosa da fare è “preparare la strada” (cf v. 3; 35,1-3.8; 48,19). 

Perché il percorso sia agevole vanno eliminate tutte le  asperità e gli ostacoli. Viene annunciato un nuovo intervento di Dio  stesso, come nell’Esodo: “come un pastore raduna il suo gregge;  porta gli agnellini sul petto e conduce con tenerezza le pecore gravide” (v. 11; cf Ez 34,11-24). 

“Il dinamismo che si è cominciato a delineare nella I  domenica, con l’urgenza di coinvolgerci, ora si precisa nei suoi  contorni: la Presenza nella quale da sempre siamo immersi e  verso la quale siamo invincibilmente protesi, prende  l’iniziativa di venirci incontro, ci previene, ci svela le sue  intenzioni: consolarci”. 

La consolazione non si riduce ad una promessa o ad un  premuroso sentimento, ma è un avvenimento, è una reale  possibilità di cambiamento che si compie finalmente nelle parole  del Battezzatore: egli è voce nel deserto e colui che prepara la via, che invita a fare altrettanto; e questo è solo l’inizio! (cf Marco 1,1- 

5 – vangelo di oggi). 

E’ l’inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figli di Dio”, quel  principio a cui sempre ritornare, da cui partire, propulsore del vero  cambiamento epocale e di ogni altro anche nella nostra piccola  esistenza quotidiana. 

Se abbiamo bisogno di conversione, di cambio nel modo di  pensare, riguarda la nostra situazione esistenziale, ma soprattutto  l’attuale sociale e sanitaria: “il Signore non ritarda nel compiere la  sua promessa. Anche se sembra lento invece è magnanimo, perché  non vuole che alcuno si perda. Noi infatti, in base alla sua  promessa, aspettiamo nuovi cieli e terra nuova, nei quali abita la  giustizia” (2Pietro 3,9.13 – II lettura). 

Quale annuncio tocca a noi oggi, come discepoli del Signore?

 

Quale testimonianza e impegno perché il deserto non sia più  una landa solitaria e ostile, ma abitata dalla Parola che sola può  renderlo fecondo e farlo rifiorire? 

La nostra attesa deve farsi operosa: riscuotersi  continuamente dai propri giudizi, valutazioni; appianare,  abbassarsi, trasformare, perché possa irrompere quella  consolazione che è Gesù stesso in mezzo a noi. 

Conversione alla Presenza come radicale denudamento e  consolazione per la Presenza che ci precede e ci viene incontro. Chi  crede apre strade: anzitutto sé stesso di nuovo sempre consolato; apre sé a consolare chiunque”. 

“L’ATRIO DEL DESIDERIO 

Il contrario della logica dei diritti è la povertà del cuore. Solo i poveri sono condotti nel grande atrio del desiderio,  in cui si raduna da ogni dove tutta l’attesa umana,  la speranza dei semplici, il desiderio dei popoli, 

il cuore religioso dei secoli. 

E questo è l’Avvento” 

(CESARE MASSA, I giorni ardenti. 2002, p. 22). 

Roberto


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