“LE PAROLE… LA PAROLA”
6 dicembre 2020 (Domenica II Avvento/B)
Isaia 40,1-5.9-11 / Salmo 84 / 2Pietro 3,8-14
Marco 1,1-8
Consolazione
“Il Signore ci consola con la tenerezza.
La tenerezza fa paura… ai vizi clericali, dei cristiani tiepidi.
Questo è il modo di consolare del Signore: con la tenerezza.
La tenerezza consola.
Le mamme, quando il bambino piange, lo accarezzano
e lo tranquillizzano con la tenerezza:
una parola che il mondo d’oggi, di fatto,
cancella dal dizionario. Tenerezza.
Lo stato abituale del cristiano deve essere la consolazione
che non è lo stesso dell’ottimismo.
Si parla di persone luminose, positive:
la positività, la luminosità del cristiano è la consolazione.
Dio bussa perché noi apriamo il cuore per lasciarci consolare
e per lasciarci mettere in pace.
E lo fa con soavità: bussa con le carezze”.
FRANCESCO, 11 dicembre 2018
Dinnanzi ad una Presenza ed alla sua Venuta non basta la consapevolezza, occorre essere attenti e non distratti. Occorre che qualcosa, o meglio Qualcuno, attiri la nostra attenzione e che lo avvertiamo come un annuncio rivolto proprio a noi, come succede per alcuni spot pubblicitari che addirittura ci attraggono e ci convincono: avevo proprio bisogno di questo di cui mi sta parlando… e non lo sapevo! Siamo concentrati su altro e il messaggio ci distrae e ci attrae, spesso ci incanta a livello sub liminale e siamo catapultati in un'altra dimensione, a volte ingannevole, quasi di sogno.
E non sembrano parole e visioni di sogno quelle di Isaia? A quel resto di Israele, deportato in Babilonia, saranno sembrate proprio così quelle parole gridate “al cuore di Gerusalemme: la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa scontata” (Is 40,2 – I lettura; cf 51,9-10).
È proprio con questa profezia che inizia il “libro della consolazione” (cf Is 40-66) che dà l’annuncio festoso del prossimo ritorno di Israele dall’esilio e la fine della sua sofferenza; la prima cosa da fare è “preparare la strada” (cf v. 3; 35,1-3.8; 48,19).
Perché il percorso sia agevole vanno eliminate tutte le asperità e gli ostacoli. Viene annunciato un nuovo intervento di Dio stesso, come nell’Esodo: “come un pastore raduna il suo gregge; porta gli agnellini sul petto e conduce con tenerezza le pecore gravide” (v. 11; cf Ez 34,11-24).
“Il dinamismo che si è cominciato a delineare nella I domenica, con l’urgenza di coinvolgerci, ora si precisa nei suoi contorni: la Presenza nella quale da sempre siamo immersi e verso la quale siamo invincibilmente protesi, prende l’iniziativa di venirci incontro, ci previene, ci svela le sue intenzioni: consolarci”.
La consolazione non si riduce ad una promessa o ad un premuroso sentimento, ma è un avvenimento, è una reale possibilità di cambiamento che si compie finalmente nelle parole del Battezzatore: egli è voce nel deserto e colui che prepara la via, che invita a fare altrettanto; e questo è solo l’inizio! (cf Marco 1,1-
5 – vangelo di oggi).
“E’ l’inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figli di Dio”, quel principio a cui sempre ritornare, da cui partire, propulsore del vero cambiamento epocale e di ogni altro anche nella nostra piccola esistenza quotidiana.
Se abbiamo bisogno di conversione, di cambio nel modo di pensare, riguarda la nostra situazione esistenziale, ma soprattutto l’attuale sociale e sanitaria: “il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa. Anche se sembra lento invece è magnanimo, perché non vuole che alcuno si perda. Noi infatti, in base alla sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e terra nuova, nei quali abita la giustizia” (2Pietro 3,9.13 – II lettura).
Quale annuncio tocca a noi oggi, come discepoli del Signore?
Quale testimonianza e impegno perché il deserto non sia più una landa solitaria e ostile, ma abitata dalla Parola che sola può renderlo fecondo e farlo rifiorire?
La nostra attesa deve farsi operosa: riscuotersi continuamente dai propri giudizi, valutazioni; appianare, abbassarsi, trasformare, perché possa irrompere quella consolazione che è Gesù stesso in mezzo a noi.
Conversione alla Presenza come radicale denudamento e consolazione per la Presenza che ci precede e ci viene incontro. Chi crede apre strade: anzitutto sé stesso di nuovo sempre consolato; apre sé a consolare chiunque”.
“L’ATRIO DEL DESIDERIO
Il contrario della logica dei diritti è la povertà del cuore. Solo i poveri sono condotti nel grande atrio del desiderio, in cui si raduna da ogni dove tutta l’attesa umana, la speranza dei semplici, il desiderio dei popoli,
il cuore religioso dei secoli.
E questo è l’Avvento”
(CESARE MASSA, I giorni ardenti. 2002, p. 22).
Roberto
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