“LE PAROLE… LA PAROLA”
18 ottobre 2020 (Domenica XXIX TO/A)
Isaia 45,1.4-6 / Salmo 95 / 1Tessalonicesi 1,1-5b / Matteo 22,15-21
FRATERNITÀ
“Alcuni Paesi forti dal punto di vista economico
vengono presentati come modelli culturali
per i Paesi poco sviluppati,
invece di fare in modo che ognuno cresca
con lo stile che gli è peculiare, sviluppando le proprie capacità di innovare a partire dai valori della propria cultura.
(…si) induce a copiare e comprare piuttosto che creare,
dà luogo a un’autostima nazionale molto bassa.
Nei settori benestanti di molti Paesi poveri,
e a volte in coloro che sono riusciti a uscire dalla povertà,
si riscontra l’incapacità di accettare caratteristiche e processi propri, cadendo in un disprezzo della propria identità culturale, come se fosse la causa di tutti i mali”.
FRANCESCO, Fratelli tutti 51
Quando pensiamo alla fine tragica della missione di Gesù, il Nazareno, ci soffermiamo quasi esclusivamente sulla sua sofferenza fisica avvenuta negli ultimi giorni delle celebrazioni pasquali giudaiche e culminata nella sua morte in croce.
Eppure i racconti evangelici, in particolare quello di Matteo che stiamo ascoltando e leggendo quest’anno, dedicano molto spazio alle opposizioni delle autorità religiose e politiche dei Giudei nel Tempio, mentre gli infermi gli si avvicinano e i bambini gli fanno festa (21,14-15).
Dopo il rifiuto della sua autorità messianica (vv. 23-27), Gesù interpella i suoi interlocutori con tre parabole che illustrano il dono gratuito della salvezza offerto a tutti coloro lo accolgono con disponibilità e responsabilità (21,28-22,14).
Ora, un gruppo alla volta, smascherati nella loro ipocrisia e inescusabile rifiuto, “i farisei, si ritirano e tengono consiglio per cercare di metterlo in trappola con le sue stesse parole” insieme agli erodiani (22,15; cf 27,1). Anche i nemici si coalizzano quando c’è da confutare la verità scomoda, tirando in ballo il loro comune nemico, l’imperatore romano, che imponeva tasse estorcendole tramite i pubblicani (cf vv.16-17).
Gesù, rispondendo alla loro provocazione li rimette però davanti al loro compito di “dare a Dio ciò che è Dio” (v. 21). Questa è anche la vocazione originaria di ogni essere umano, la Sua immagine è impressa in noi da sempre (cf Genesi 1,26-27) e noi non solo la misconosciamo, ma spesso la barattiamo pagando il tributo a chi ci svuota della nostra dignità.
La proverbiale risposta di Gesù non ha lo scopo di sancire la separazione tra spirituale e temporale, tra culto e tributi, di opporre politica e religione, ma di spingere all’estremo il senso della nostra appartenenza a Dio: siamo noi che Gesù vuole restituirgli interamente, senza compromessi.
Gesù stesso, il Figlio è l’autentica immagine del Padre e noi chiamati a riconoscere solo in Lui la vera signoria divina sull’esistenza e sulla storia, sapendo discernere ogni fraintendimento tra salvezza di Dio e potere mondano1 (cf Isaia - I lettura).
1 Questo è il tragico equivoco che ha condotto Israele, a partire dal periodo monarchico: fraintendere l’elezione e l’alleanza con il destino di un piccolo popolo tra i potenti, l’equivoco di un sogno teocratico.
Anche i suoi discepoli, e quindi noi credenti, non possiamo cedere alla tentazione di porre in concorrenza con qualsiasi potere umano il progetto divino sull’umanità intera: tutto è sottoposto all’annuncio della libertà e della responsabilità personale e sociale.
I potenti amano raffigurarsi sul denaro il cui valore va oltre quello economico ed esprime l’asservimento alienante di coloro che sono costretti ad usarlo, senza scelta alternativa.
La Parola ci provoca a discernere noi stessi ogni situazione sociale ed economica, senza rimandare ad un giudizio divino; riconoscendo che l’annuncio evangelico vuole liberarci per saper
donare il nostro amore ad un Padre che infinitamente ci dona il suo senza chiederci nulla in cambio (Paolo ai Tessalonicesi – II lettura)2, diversamente da ogni altro Cesare.
I farisei si ritirano in buon ordine, così adesso la scena sarà tutta dei sadducei (cf vv. 22-23) e anche noi dovremo, con Gesù, affrontare un’altra sfida che sarà superata solo attraverso la morte e risurrezione.
Roberto
2Il saluto e il ringraziamento dell’apostolo Paolo ai cristiani di questa giovane comunità (primo scritto cristiano) ha tutto il sapore della novità evangelica dell’annuncio da poco ricevuto “per mezzo della Parola, la potenza dello Spirito e profonda convinzione” e del loro impegno operoso, faticoso e costante. Possiamo immaginare anche le loro difficoltà nel relazionarsi con la loro società ed il potere politico, ci accomuna con loro “fratelli amati da Dio, scelti da Lui”.
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