venerdì 28 agosto 2020

“LE PAROLE... LA PAROLA” 30 Agosto 2020

 LE PAROLE... LA PAROLA30 Agosto 2020 (Domenica XXII TO/A) Geremia 20,7-9 – Salmo 62 – Romani 12,1-2 –

Matteo 16,21-27 



Quando il gioco si fa duro. 

Adesso ci è più chiaro perché Gesù abbia posto quelle domande ai suoi discepoli, anche se la spiegazione sorprende anche noi: irrompe “come un fulmine a ciel sereno”. 

Quindi non ci stupisce la reazione di Pietro, anche perché siamo abituati ai suoi interventi “a gamba tesa”. 

Tuttavia, se abbiamo la pazienza di andare un po’ più dentro “le parole” e di metterci in un vero atteggiamento di ascolto, il dialogo tra Maestro e discepoli ci fornisce i riferimenti essenziali anche per il nostro cammino di cristiane e cristiani. 

La spiegazione di Gesù è molto sintetica, ma soprattutto drammatica nel riferire cosa accadrà a Gerusalemme, città verso cui sono diretti già da un po’ di tempo. A dire il vero la ripeterà altre due volte, anche se con riferimenti differenti (cf 17,12.22- 23; 20,17-19). 

Qui mette in evidenza anzitutto il soffrire molto causato dalle autorità religiose che invece dovrebbero riconoscere ed accogliere il suo operato messianico e preparare il popolo a tale incontro. Venire ucciso non equivale solo a morire, si tratta di un vero e proprio omicidio di cui, anche se non lo si dice ma lo si suppone, non si menziona il criminale; e risorgere. Questa è la sorprendente conclusione, posta lì alla fine come se niente fosse, ma certo non scontata! E chi lo può confermare? Solo chi l’ha vissuto, e in questo caso i discepoli stessi che l’hanno testimoniata (cf Atti degli apostoli 1,8.21-22) e i primi cristiani che l’hanno creduto (cf 2,24.32.36). 

Ci troviamo qui, allora, di fronte alle fede delle prime comunità e lo attesta il fatto che Pietro, che qui non è chiamato Simone, si rivolga a Gesù come Signore

Anche il carattere e la personalità di Simon Pietro vengono bene in evidenza con la sua esuberanza e generosità, si comporta da difensore e da consigliere, quasi a voler evitare che al suo Maestro capiti proprio quello che egli ha previsto. 

Ciò che il discepolo sussurra in disparte il Maestro invece lo affronta apertamente con espressioni che, per essere ben capite anche da noi, forse dovrebbero essere tradotte così: 

Riprendi il tuo posto di discepolo, dietro di me e non ti opporre! Tu mi sei di inciampo perché, da essere umano, rifiuti il piano di Dio su di me”. Che contrasto con la beatitudine proclamata poco prima (cf 16,17)! Allora Gesù approfitta dell’occasione per fare anche agli altri discepoli, che saranno rimasti di sicuro sbalorditi sia per la spiegazione iniziale da parte di Gesù che per il rimprovero rivolto a Pietro, una catechesi proprio sul discepolato che per noi vuol dire sulla vita cristiana. Anche queste parole hanno bisogno di un’ermeneutica adeguata per essere comprese in tutta la loro portata: 

Se qualcuno vuole diventare mio discepolo: smetta di preoccuparsi dell’esito della propria esistenza; si assuma le sue responsabilità dei propri limiti e fragilità senza incolpare gli altri; 

e mi segua condividendo il mio destino di morte e risurrezione

Spero che in questo modo, oltre ad essere più comprensibili, si possa capire quali siano le esigenze della sequela che è rivolta a noi come credenti. 

Le indicazioni successive sono altrettanto perentorie ma anche radicali sul salvare e perdere la propria vita

Chi pretende di mettere al sicuro la propria esistenza la perderà; 

chi è disposto ad esporla insieme con me [Gesù] la troverà”. 

Chi di noi non vuole mettere al sicuro la propria esistenza? Non si tratta solo di un istinto di conservazione insito in ogni essere umano, bensì di una scelta, di un modo di vivere costruito passo dopo passo per non ritrovarsi allo sbaraglio di fronte alle sfide esistenziali, è in fondo basato sul bisogno di vincere le nostre paure e la nostra mortalità. 

Difendersi o affidarsi? Questa è la scelta davanti alla quale Gesù ci mette, innanzitutto con il suo stesso orientamento a non mettere egoisticamente sé al sicuro, ma di esporre la propria vita per noi, per amore, di donarla. 

Amare ci troverà sempre disarmati verso chiunque ed in qualsiasi circostanza, anche nel denunciare le ingiustizie, le violenze, le oppressioni. 

Riconosciamo Gesù nelle parole di Geremia 20,7-9 (I lettura), ma ritroviamo anche noi stessi quando ci viene da vergognarci di questa Parola e saremmo tentati di non pensare più a Lui perché derisi per il fondare la nostra esistenza su di Lui. 

Vano tentativo, perché questa Parola è un fuoco che arde in noi. 

Un richiamo ad un radicale cambiamento di mentalità: non conformarci a nessuna pretesa mondana di realizzazione personale (cf Romani 12,2 – II lettura)

Eppure le parole di Gesù prospettano un giudizio imminente e risolutivo, tipico della prospettiva di Matteo: la prossima venuta gloriosa del Figlio con il Padre (cf v. 27). 

E’ di sicuro quello che pensavano e credevano i cristiani della prima generazione, testimoniata da questo vangelo, anche per rendersi credibili dai propri contemporanei. 

A noi la possibilità di darne testimonianza ai nostri di contemporanei, non solo nelle nostre celebrazioni liturgiche, ma in quel nuovo culto spirituale che consiste in un modo di vivere calibrato sulla misericordia di Dio e sul dono di noi stessi (cf Romani 12,1)

Roberto


Nessun commento:

Posta un commento

Vicina è la PAROLA 5 maggio 2024: VI Domenica di Pasqua L’amore rimane: tu rimani?

Vicina è la PAROLA 5 maggio 2024: VI Domenica di Pasqua Atti 10,25…48 / Salmo 97 1Giovanni 4,7-10 Giovanni 15,9-17 L’amore rimane: tu riman...