venerdì 19 settembre 2025

Vicina è la Parola 21 settembre 2025 Domenica XXV/C Amministrare l’Amore

 Vicina è la Parola

21 settembre 2025

Domenica XXV/C

Amos 8,4-7 / Salmo 113

1Timoteo 2,1-8

Luca 16,1-13


Amministrare l’Amore

Già gestire le relazioni affettive è un’impresa, figuriamoci doverle “amministrare”.

L’amore è il “bene” primario ed essenziale alla nostra esistenza umana, fonte della gioia di vivere in quanto amati e della soddisfazione di poter amare qualcuno, per questo va accolto, custodito, alimentato, condiviso, ricercato… amministrato quindi, come ogni altro prezioso patrimonio che a noi esseri umani è stato affidato.

Dover “rendere conto” dell’amore non piace a nessuno, soprattutto a chi investe in questa esperienza il massimo della libertà e dell’intraprendenza, compresa l’estrema fantasia nel fallire e, purtroppo anche, nel far soffrire.

Si tratta però di una nostra responsabilità che come umani non possiamo declinare soprattutto nei confronti della vita stessa: che ci piaccia o no, spesso in modo imprevedibile o per noi ingiusto, un giorno o l’altro dovremo farlo; viceversa sarebbe un insulto alla nostra intelligenza.

Ma rendere conto a chi, come? 

Anzitutto a noi stessi, e poi a Chi possa accoglierci nella sua casa nonostante tutto e solo in virtù della nostra amicizia, nonostante la nostra condotta utilitaristica: dare per avere; della nostra mentalità calcolatrice: fin dove mi conviene; delle nostre abitudini “romantiche”: vorrei ma non posso... 

Certo che puoi! Non dobbiamo aspettare la grande occasione. Le piccole situazioni quotidiane ci offrono la possibilità di rendere conto della nostra vera capacità di amare ed esse ci permettono di ricominciare sempre.


Contestualizzazione evangelica di Luca 16,1-13

La comunità di Luca aveva recepito l’evangelo del Nazareno di un Dio che ama “visceralmente”, facendolo diventare il suo stile di vita nelle relazioni fraterne e nel proprio ambiente sociale. C’erano anche contrasti come tra Gesù e i suoi contemporanei: farisei ed esperti della Torah, esattori e gente di malaffare, ricchi approfittatori e scaltri amministratori, anche convertiti al cristianesimo. 

Nella comunità, e non solo nella società, capitano sempre situazioni nelle quali si può venir colti in un’amministrazione fraudolenta (e non soltanto dei beni materiali…). Come venirne fuori puliti o per lo meno senza perdere tutto?

La paradossalità di questo amore sconfinato si incontra quindi dialetticamente con scelte esistenziali difficili da discernere e districare nella vita quotidiana, per noi credenti oggi come lo è stato per i discepoli a cui il Maestro rivolgeva ancora una parabola: Luca 16,1-8, ancora una similitudine tra la scaltrezza mondana e quella “illuminata” dell’evangelo: “farsi amici” (vv. 8-9). 

Ma perché non sembri opportunismo, e consapevole dei pericoli sempre in agguato dentro e fuori la comunità, Luca richiama “detti gesuani” radicali riguardanti la “fedeltà” e la disonestà, l’esclusivo servizio al Signore, ai fratelli e alle sorelle, e il costante pericolo di essere ammaliati dalle ricchezze (cf vv. 10-13) nel quale invece sprofondano gli stessi farisei, scettici sull’insegnamento così radicale di Gesù fino a ridicolizzarlo (cf vv. 14-31).

La comunità dei credenti si rende conto dell’imbarazzante “evangelo” del Dio fattosi uomo ed è come se all’improvviso si accorgesse del suo messaggio ultimo ed inequivocabile: la Parola dell’Amore misericordioso. Consapevole di amministrare [οἰκοnοmίαs per 7 volte!] questo patrimonio e di doverne “rendere conto” al suo Signore, ammette anche di essere del tutto sprovveduta, non altezza del compito affidatole (vv. 1-2). 

La parabola, con cui Gesù voleva sbalordire i suoi uditori affinché si scuotessero e cogliessero l’urgenza dell’ora messianica, le viene incontro con l’invito a non declinare le proprie responsabilità, a non fuggire. Pur nell’inadeguatezza dei propri mezzi, nell’ambiguità di ciò che è ed ha, la spinge a mettersi comunque al servizio del Regno che viene. Le sono sempre possibili gesti di amore quotidiano con cui rischiare di amare “nel poco” sapendo che “il molto” (cf v. 10) è solo un dono da accogliere così come si è accolti dall’Amore che si fa “casa” (cf v. 9). (Comunità di Viboldone)


Ambientazione liturgica

+ La comunità cristiana, in Assemblea celebrante, è rappresentativa di tutti gli esseri umani presso il Signore. Siamo un popolo “sacerdotale” che non si rinchiude dentro per pregare, ma che si apre e porta con sé “domande, suppliche, ringraziamentiper e di tutti. 

- Così ha fatto il Signore nella sua esistenza terrena, così i suoi discepoli e apostoli come Paolo per le sue comunità [1Timoteo 2,1-8 – II lettura]. 

- Ogni domenica nella “preghiera universale” e nella “dossologia eucaristica”: “Per / In / Con Cristo…” la Chiesa si riveste della responsabilità di amministrare, sulle dimensioni del mondo… dell’universo facendosi voce di ogni creatura e degli esseri umani che affermano l’autonomia della loro esistenza e la sicurezza delle loro ricchezze [Luca 16 – Evangelo].

- La “lode cosmica” della comunità acclama con entusiasmo [Hallel - Salmo 112] il Dio che si china a guardare in basso e solleva l’indigente dalla polvere per farlo sedere tra i prìncipi.

- Ma la veridicità e la coerenza della preghiera si verificherà quando, una volta sciolta l’assemblea, ognuno andrà nel mondo come “apostolo e messaggero dell’uomo Cristo Gesù, unico mediatore, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” [Paolo] soprattutto denunciando le ingiustizie del nostro mondo e di un’apparenza religiosa spesso paravento allo sfruttamento dei poveri [Amos – I lettura].


Preghiamo con la Liturgia

Dio nostro Padre,

difensore dei poveri e dei deboli,
che ci chiami ad amarti con lealtà,
abbi misericordia della nostra condizione umana,
salvaci dalla cupidigia e dal possedere
e aiutaci a ricercare l'inestimabile tesoro 

della tua amicizia.

Amen.


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