sabato 31 maggio 2025

Vicina è la PAROLA 1 Giugno 2025 ASCENSIONE DEL SIGNORE Discendere per RISALIRE Diventare adulti

 Vicina è la PAROLA

1 Giugno 2025
ASCENSIONE DEL SIGNORE 
Atti 1,1-11 / Salmo 46 
Ebrei 9,24-28;10,19-23 
Luca 24,46-53 

discendere per RISALIRE

Diventare adulti

Allontanarsi e separarsi spesso sono la condizione migliore per far crescere e rendere finalmente autonomi, anche se non del tutto autosufficienti. Non è sempre facile per i genitori nella fase adolescenziale dei propri figli e nemmeno per loro che, ormai adulti, non vorrebbero uscire dal “nido”: quando vorrebbero allentare il legame noi li tratteniamo; quando non ne possiamo più di averli tra i piedi invece loro ci stanno troppo comodi!

Allontanarsi a volte è necessario, una scelta magari non voluta, subita… dettata dalle circostanze ma soprattutto si deve imparare a mantenere il rapporto “a distanza”.

Le relazioni di coppia, come le amicizie, conoscono bene queste dinamiche… mentre è quasi sempre “spiazzante” quando è la morte a separare.

Questi moti interiori avranno sicuramente influito anche sui primi discepoli del Nazareno dopo la sua risurrezione, mentre noi -in questa situazione di “presenza altra” di Gesù Signore- ci siamo nati e cresciuti. 

Il racconto evangelico di Giovanni, nei lunghi e accorati “discorsi della cena”, ci fa percepire il loro stato d’animo e i loro timori (cf Gv 16,5 e ss.), gli effetti sul loro comportamento. “Come l’elaborazione del lutto: colui che se n’è andato è veramente morto, non c’è più, non lo tocco più (cf 20,17) e non lo vedo più, ma la sua presenza è viva in me… nella Chiesa. La fine di tutto diventa l’inizio di una storia nuova. La presenza sottratta diventa presenza donata” (Comunità di Bose).

Un modo nuovo di essere presente è stata la promessa di Gesù ai suoi proprio mentre “si staccò da loro” (Luca 24,51)


Contestualizzazione evangelica di Luca 24,46-53 & Atti 1,1-1

Luca, in Atti 1,1-1 e nel Vangelo 24,46-53, ci narra il compimento della glorificazione di Gesù sia nella prospettiva missionaria dei discepoli e delle loro comunità sia in un'altra più teologica connessa alla stessa risurrezione (sembra infatti avvenire nella notte stessa del primo giorno della settimana, cf Luca 24,1.29.36). Comunque, il Signore Gesù nel momento di “tornare” al Padre, ha dato ai suoi istruzioni per prepararli adeguatamente “40 giorni… a tavola con loro… promettendo anche lo Spirito” (Atti). La narrazione di Atti segue una tradizione che storicizza la glorificazione; l’altra la teologia di Paolo.

La Liturgia ci propone ambedue i racconti che vanno letti in parallelo (quasi a scoprire similitudini e differenze, come fa E. Ghini) dove emergono una promessa e una benedizione: il Maestro non abbandonerà i suoi assicurando loro una presenza nuova, in modo tale che essi possano esserne testimoni gioiosi nell’attesa del suo ritorno glorioso. Egli continuerà ad essere “colui che viene incontro”: come se ne andava sulle nostre strade, ora in alto con il nostro procedere verso il compimento della storia (cf Lc 24,50-51).

L’ammonimento “non state a guardare in alto” (At 1,11) ci interroga su dove e verso chi volgere ora lo sguardo, non certo in basso… ma a chi sta al nostro fianco e cammina con noi, per insieme per scorgere in loro il Volto di Colui che sarà sempre pellegrino in mezzo a noi.

Da qui nasce il mandato all’impegno cristiano nella storia e nei problemi dell’umanità per testimoniare il suo amore ancora vivo e presente, più forte della morte: un’immersione nel suo Spirito che illumina e compie.


Ambientazione liturgica

Questa “nuova presenza” di Cristo è sicuramente più percepibile nella celebrazione eucaristica, in cui la Chiesa fa memoria della sua venuta nella nostra umanità [At 1,1 - I lettura] come ora nel segno del pane; profezia del futuro che ci attende e che Lui ci assicura come “sta scritto” [Lc 24,46-48 – Evangelo].

Lo Spirito donato dal Risorto occupa lo spazio intermedio e lo anima della sua Presenza attraverso il nostro “stare insieme”, comunità che vive, crede e celebra la sua Pasqua attraverso la Parola, i segni eucaristici, i volti dei fratelli e sorelle radunati da Lui.

Un nuovo santuario spalanca le sue porte che sono il cuore del Padre e le mani del Figlio che ancora oggi si offre per noi e per tutti coloro che lo attendono, come una volta e per sempre!

E noi in piena libertà possiamo entrarvi -come i discepoli nella conclusione dell’evangelo lucano- percorrendo una via nuova e viva, inaugurata dalla stessa umanità del Figlio (sangue e carne) che ci rinnova affinché ci fidiamo appieno di Lui, nella speranza di un amore fedele per sempre [Ebrei 9 e 10 – II lettura].

“Dio in Gesù ama gli umani all’eccesso e li introduce nella sua stessa gloria, partecipi della sua pienezza. Dio rimane ormai per sempre vicino: questo annuncio di gioia che già i discepoli portavano in cuore vedendo Gesù sottrarsi ai loro sguardi, questo vangelo, è il Dono affidato alla chiesa che, come corpo di Cristo, è chiamata a manifestare ogni giorno la “sua” pienezza che si realizza interamente in tutte le cose, poiché in tutte le cose l’Amore può realizzarsi”.

(Comunità di Viboldone)

Ascensione di Cristo e assunzione dell’essere umano.

Sono già state fatte considerazioni e riflessioni sul fatto che l’atto del risorgere abbia posto Gesù di Nazareth in un nuovo rapporto con il Padre di “piena unità” dopo l’esperienza di aver vissuto umanamente (cf Gv 3,13) e che abbia “trascinato con sé” la natura umana e l’umanità in una sorta di divinizzazione.

Le preghiere liturgiche sono ricche di tanti spunti [Colletta – Offerte – Prefazio I e II – Comunione] in essi si intrecciano e si sviluppano le tradizioni neotestamentarie sulla glorificazione di Cristo e sul destino dell’umanità in Lui, di questa “nuova relazione” con Dio e del suo “stare in Dio” con Lui. Si sente qui l’influsso della teologia patristica di Agostino, Gregorio di Nazianzo, Leone magno, Origene…

La Liturgia della chiesa spalanca il cielo in terra e porta la terra in cielo.

L’ascensione è il momento eterno del nostro accesso alla comunione con il Padre… e con i nostri fratelli e sorelle ogni volta che “usciamo da noi stessi” per entrare nelle situazioni altri con quella tenerezza e compassione che ha caratterizzato il calarsi del Figlio nella nostra vicenda umana. Più scendiamo abbassandoci (cf Filippesi 2), con l’umanità intera più ascendiamo in Colui che di essa ha fatto la sua sposa, infatti “non si è separato dalla nostra condizione umana… dove è Lui, nostra testa, siamo anche siamo anche noi suo corpo” [Prefazio I; cf Efesini 5].


Preghiamo con la Liturgia

Padre santo,
che hai glorificato il tuo Figlio innalzato alla tua destra,
fa’ che il popolo da te redento 

formi una perfetta unità
nel vincolo del tuo amore,
perché il mondo creda in colui che tu hai mandato,
Gesù Cristo, Signore nostro. Amen.


sabato 24 maggio 2025

Vicina è la PAROLA 25 MAGGIO 2025 - VI Domenica di Pasqua/C TUTTO inizia da DENTRO Il faticoso ma fecondo cammino per l’incontro e il dialogo

 Vicina è la PAROLA









25 MAGGIO 2025 - VI Domenica di Pasqua/C

Atti 15,1-2.22-29 / Salmo 66

Apocalisse 21,10-14.22-23

Giovanni 14,23-29


TUTTO inizia da DENTRO

Il faticoso ma fecondo cammino per l’incontro e il dialogo

Più che mai oggi siamo consapevoli dell’estremo bisogno di incontro e di dialogo, ma anche di quanto sia un’impresa impervia, a tratti impossibile.

Non è però molto diverso nelle relazioni quotidiane tra noi, nella coppia o in famiglia, sui luoghi di lavoro e nelle stesse comunità cristiane, anche il recente “cammino sinodale” ce lo ha fatto sperimentare.

Alle origini del cristianesimo, grazie all’azione dello Spirito, le diverse componenti apostoliche a Gerusalemme affrontarono uno spinoso problema che si protraeva da decenni (come testimonia anche il racconto evangelico di Matteo): l’integrazione piena e diretta dei pagani nella vita cristiana e quindi nella chiesa, senza la previa sottomissione alla “fede giudaica” con tutti i suoi precetti e consuetudini. È stata un’esperienza sinodale come ci viene raccontato da Atti 15 dove vengono in evidenza: “il dibattito su punti divergenti, la ricerca di consenso, il ricorso alla Scrittura quale testo fondamentale, il bene dei fedeli come preoccupazione pastorale” (C. Caldelari), un conflitto di “portata teologica che poteva compromettere la missione della chiesa nel mondo pagano, e che invece è stato felicemente risolto” (C. L’Eplattenier).

Non ha prevalso un atteggiamento irenico ma una “scelta di libertà, temperata dall’amore, [che] può ingenerare la consolazione, la gioia e la pace… [cf vv. 30-33]” (E. Borghi).

Ogni novità porta in sé la possibilità di creare disagio e conflitto, e questo avviene anche nel costituirsi del cristianesimo all’interno del giudaismo: rimane comunque il fatto che, nonostante le difficoltà di rapporto e le tensioni… non è mai esistita una ‘scomunica’ “(E. L. B. De Angeli).

Nell’ispirarci alla piena libertà dello Spirito (cf Giovanni 3,8; 2Corinzi 3,17) deve prevalere una sincera e fattiva volontà di comunione come bene prioritario e irrinunciabile, non come strategia, ma in fedeltà al nostro essere Chiesa, “corpo” del Risorto che continua il dono di sé ed effonde la sua pace del suo Spirito su tutta l’umanità.

Perderemo così ogni atteggiamento di sicurezza e di orgoglio, continuando il Suo servizio d’amore e lasciando che Egli illumini il percorso di ogni essere umano e dell’intera umanità verso la pienezza della Vita: “Dio tutto in tutti” (1Corinzi 15,28).


Contestualizzazione evangelica di Giovanni 14,23-29

Lo stesso Spiritomaestro interiore è promesso da Gesù -nel testo del racconto evangelico di Giovanni proclamato nella liturgia di questa domenica- sia a suoi discepoli sia ai futuri credenti che si troveranno a vivere il rapporto con lui in una dialettica di presenza/assenza (cf 16,17-22). 

Il suo compito sarà quello di non interrompere “il flusso” di amore dal Padre a Gesù e a noi, anzi di renderlo stabile, un reciproco dimorare in forza della Parola ascoltata/osservata.

È l’epilogo del secondo dei cinque discorsi ambientati nella cena pasquale (Giovanni 13 – 17) in cui vi sono 5 promesse dello Spirito, (numero simbolico della pienezza e della totalità nella Pentecoste: 5x10=50 (ovvero 5 x 10). Gv 14,15-21 mette innazitutto in evidenza la presenza dello Spirito “della verità, presso di noi e in noi”; il v. 26: «vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto»; 15,26-27: «egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza»; 16,7-12: «convincerà il mondo del suo fallimento esistenzale, della sua incredulità, del suo riscatto»; vv. 13-15: «vi condurrà nella completa Verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà ciò che sta avvenendo. Egli mi glorificherà, perché prenderà dal mio e ve lo annuncerà. Tutto quanto è il Padre è mio». 

Ogni promessa è completa in sé, simile alle altre, ma non identica e con significative variazioni; tuttavia per coglierne la portata è opportuno non isolarle dal contesto dei discorsi della Cena e collegarle alle domande che i discepoli pongono a Gesù sulla loro sequela, il mistero della sua persona, le modalità della rivelazione divina che avviene in Lui. I discepoli, grazie al dono dello Spirito, potranno superare la loro incomprensione del mistero di Cristo e vivere la sua sequela nel mondo, anche se a loro ostile.


Contestualizzazione liturgica

Non ci sembra strano che questo avvenga nella nostra Liturgia della Parola?!

Nelle nostre celebrazioni eucaristiche, a dispetto della nostra consapevolezza, lo Spirito del Risorto si manifesta come vitalità divina che ha animato e sostenuto l’attività messianica di Gesù e che ora il Risorto dona, come ai suoi, a tutti i credenti. Egli riporta alla mente ed al cuore [ricorderà] e così anima e invera tutti i nostri “gesti e parole” liturgici in modo che in essi agisca il Signore stesso.

Tale azione è il continuo “rendimento di grazie” al Padre per il dono della Vita che il suo Figlio ci offre ancora, in comunione con Lui e tra di noi [Evangelo].

Essa costituisce -nella comunione eucaristica- il rassicurante “rimanere” di Cristo in ciascuno di noi come sua stabile dimora, al di là dell’esperienza spesso disorientante della sua presenza/assenza [v. 25] ci pone nella sua pace [v. 27]

Così la “Citta nuova del futuro” [“la Gerusalemme nuova”] sarà la dimora stessa di Dio attraverso l’Agnello che attesta una Presenza d’amore stabile e duratura; colmata gratuitamente della Pace essa ne sarà messaggera a tutti gli esseri umani [Apocalisse 21 – II lettura]. 

Chi non sogna una città felice, una vera città, bella come il volto di una sposa. L’umanità non ha desiderato altro di meglio che piantare, costruire e sposare. Un giorno essa diventerà ciò che avrà voluto essere: così a lungo andare, diverrà città di seduzione per i suoi abitanti; così spesso prostituita a tanti ideali, si darà infine a Dio, il solo degno di esserle sposo” (E. Ghini). 

“La Gerusalemme nuova” si costruisce tutti insieme mentre si cammina fianco a fianco, incontrando nuovi volti, ascoltando voci inedite e a volte alternative. È una manifestazione progressiva, non eclatante e più interiore, che coinvolge ciascuno in una relazione interpersonale dove agisce lo Spirito, energia vitale che attrae e lega a Lui.

Senza l’azione dello Spirito in ciascuno di noi la Chiesa rischia di essere una ONG, come spesso metteva in guardia papa Francesco, e non una comunione di discepoli. Le stesse decisioni fondamentali devono essere prese in base alla libertà di Dio che agisce in forza del suo Pneuma [cf Atti 15 – I lettura].


Preghiamo con la Liturgia

O Padre, 

che hai promesso di stabilire la tua dimora
in coloro che ascoltano la tua Parola
e la mettono in pratica,
manda il tuo santo Spirito,
perché ravvivi in noi la memoria
di tutto quello che Cristo ha fatto e insegnato. Amen.

Vicina è la PAROLA 29 giugno 2025 Santi Apostoli Pietro e Paolo La chiave e la pietra

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