Vicina è la Parola
31 agosto 2025 – Domenica XXII/C
Siracide 3,17-18.20.28-29 / Salmo 67
Ebrei 12,18-19.22-24
Luca 14,1.7-14
al posto giusto
Pretendiamo a volte di occupare un posto “che ci spetta” e non pensiamo bene a come gestire quello che già abbiamo…e così molti finiscono per essere perenni “spostati”.
All’università, la docente di “Geografia umana” ci fece riflettere sulla percezione soggettiva dello spazio e di come ciascuno di noi entrando in un luogo, in classe o al cinema, in chiesa o mettendosi a tavola, finisse per occupare più o meno sempre lo stesso posto. Il dialogo che ne seguì fu molto interessante e utile per tutti.
Quando ero più giovane, in Italia era diffusa la pretesa del “posto fisso” nel lavoro, oggi diventato un mito e non più perseguito dai giovani che invece preferisco la flessibilità.
Avere un posto nella vita, nella società, nella Chiesa… senza chiederci non se stiamo in quello giusto, ma come stiamo dove ci troviamo, è un po’ come abitare su una zattera galleggiante.
Che posto hanno gli altri nella nostra vita è un altro di quegli interrogativi irrinunciabili al fine di tendere verso un’esistenza “piena”, significativa… ma forse troppo scomodo.
Che senso può avere “alzarmi” e dare il mio posto agli altri…?
Non credo sia come farlo su un autobus.
E io, poi, sarei disposto a prendere il loro?
Contestualizzazione evangelica di Luca 14,1.7-14
Il capitolo 13 del racconto evangelico di Luca si conclude con previsioni drammatiche sul destino messianico di Gesù a Gerusalemme, ma Egli è intenzionato a proseguire il suo cammino, ad andare fino in fondo senza indietreggiare o cercare scorciatoie, perché è consapevole che proprio così si manifesta il regno di Dio. È un atteggiamento che sovverte il nostro modo di pensare e di agire, di leggere gli eventi e la storia, di affrontarne le problematiche (cf vv. 31-35).
Anche la comunità di Luca riflette sulle dinamiche al suo interno, non sempre evangeliche, così come sulle persecuzioni che sopraggiungono e così ricorda come il Maestro si è comportato proprio quando era un “osservato speciale dei farisei” (cf 14,1): non rifiuta di condividere il pane con loro, ma anche di provocarli con “guarigioni in giorno di sabato” (cf vv. 2-6).
In questo modo Egli infrange i loro tabù e le loro esclusioni dimostrando di non essere capaci di reagire all’improvvisa irruzione di Dio nella loro esistenza: il Nazareno non rimane distaccato ma interloquisce con tutti e soprattutto “tocca con mano” le infermità: è l’inizio della nuova creazione (cf 13,14-16).
Anche pranzare con loro è l’occasione per sovvertire le regole dell’esclusione e dello snobismo che caratterizzava il gruppo dei “farisei” nei loro conviti festivi e sontuosi, e lo fa con un insegnamento rivoluzionario: scegliere l’ultimo posto, invitare gli esclusi… chi non può ricambiare l’invito. La “nuova beatitudine” sta nell’amare gratuitamente e non nel meritare un premio (cf vv. 7-14).
Ancora una volta la comunità ha un riferimento per rivedere i suoi rapporti interni e il suo modo di includere i poveri: una Chiesa povera con e per i poveri.
Ambientazione liturgica
+ Quando ci accostiamo all’altare per l’Eucaristia ci rendiamo conto che a questa mensa non solo la Parola ci ha convocati, ma essa proviene da Chi sta seduto in mezzo a noi “all’ultimo posto”, lasciando a noi il suo affinché, abbandonata ogni perplessità e distanza, “possiamo avvicinarci” a Colui che inesorabilmente s’è fatto così vicino da togliere il rossore sul nostro viso e l’imbarazzo, anche da chi così è trattato da noi, come “l’ultimo”.
- “Vicina è la Parola” tanto da farsi udire e interpretare all’interno delle circostanze quotidiane come un pranzo; con una parabola riesce a far emergere dal vissuto la sua forza di novità da sovvertire ogni comportamento e protocollo di chi è sempre preoccupato di avanzare distinzioni, graduatorie, categorie. Soprattutto è Gesù che trasmette e interpreta la sua vita di Figlio in mezzo a noi e la sua esistenza messianica [Luca 14 – Evangelo].
- L’esperienza umana di colui che il Padre invia per ricreare la festa della vita che noi abbiamo compromesso, rendendo fin inaccessibile l’accesso alla sua fonte. Ora possiamo “accostarci” sia al divino che all’umano con un altro atteggiamento, quello della reciproca fiducia che non ha più nulla da temere e che supera ogni discriminazione e merito, come Lui, unico “mediatore” si è avvicinato a ciascuno di noi, ad ogni essere umano con la fiducia dell’amore. L’Unigenito ha fatto di tutti noi un popolo di “primogeniti” [Ebrei 12 – II lettura].
- Al di là di ogni moralismo meschino la sua umiltà è quella che fa dell’amore non un atto o un gesto, ma un modo di essere e di stare nel mondo, un vuoto di sé nell’esistenza umana, la vera sapienza di chi solo così si rende conto di chi veramente sia e di quanto valga [Siracide 3 – I lettura].
- “I giusti” sono adesso coloro che ne sanno accogliere lo stile e lo praticano con la gioia di un Dio che dimora in mezzo a di derelitti e libera i prigionieri. Siamo il popolo che con il suo amore fa abitare in un mondo rinnovato [Salmo 67].
+ “Ci siamo accostati all’assemblea festosa dei primogeniti”.
È stato possibile perché Lui, “il primogenito tra molti fratelli” ci ha fatto posto dando a noi il primo. Nella nostra esistenza quotidiana permettiamo agli altri di sedersi con gioia e con noi?
“Più grande sei, più devi essere capace di abbassarti”.
Preghiamo con la Liturgia
Dio nostro Padre,
tu chiami i poveri e i peccatori
alla festosa assemblea
della nuova alleanza,
concedi anche a noi di onorare
la presenza del Signore
negli umili e nei sofferenti,
per essere accolti con fiducia
alla mensa del tuo regno.
Amen.