Vicina è la Parola
14 settembre 2025
Esaltazione della Croce di Gesù
Numeri 21,4b-9 / Salmo 77
Filippesi 2,6-11
Giovanni 3,13-17
Croce senza Crocifisso.. non salva!
Non c’è nulla di “esaltante” e da esaltare nel dolore, solo l’amore innalza!
La croce in sé stessa, come terribile strumento di condanna a morte, non può essere “innalzata” a simbolo di un cristianesimo e di un essere cristiani che fin dall’inizio l’aveva rifiutata in quanto tale… se non dopo che essere riusciti a riconoscerla trasformata in “albero di vita”.
Le sue radici, allora come oggi, sono spesso irrigate dal sangue di tanti innocenti; i suoi rami germogliano di una vita misteriosamente feconda i cui frutti continueranno ad alimentare un’umanità spesso ignara e ingrata di questo dono divino.
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 3,13-17
Nel colloquio notturno tra Gesù e Nicodemo, “rinascere” è il fulcro dell’originale annuncio messianico sulla reale possibilità per l’essere umano di avere direttamente da Dio la Vita (“il regno”, v. 5). Solo Gesù, riconosciuto “Rabbi inviato da Dio”, può donarla (cf vv. 2.16) e così si capisce perché quest’uomo sia andato da Lui “di notte”, alla ricerca “una vita nuova” per sé e per il suo popolo. Infatti riconosce in Gesù, dopo “i segni” compiuti a Gerusalemme (cf vv. 1-2; 2,15.23), il “Messia riformatore” delle istituzioni giudaiche, di una purificata interpretazione e applicazione della Toràh.
Ma Gesù che “conosceva tutti… e quello che c’è nell’essere umano” (2,25), porta il suo interlocutore a guardarsi dentro, più in profondità, per capire da dove nasca in lui quest’aspirazione alla “novità” del regno di Dio e quale ne sia la reale portata, se ha già constatato che essa non potrà essere soddisfatta da nessuna riforma religiosa o rivoluzione sociale e politica, come forse si aspettavano alcuni della sua setta (B. Maggioni).
Per questo il Maestro afferma solennemente che si tratta di “vedere/sperimentare” in modo integrale, da richiedere una rottura con le precedenti esperienze esistenziali, e di percepire un nuovo rapporto con Dio oltre che con sé stessi, un’inedita qualità di vita ma che va profondamente desiderata e cercata (E. Borghi).
Mentre l’essere umano ne avverte l’impossibilità reale in base alla sua limitata progettualità (cf v. 4), Dio la manifesta facendola conoscere nel Figlio -sua Parola incarnata- e vedere nel suo modo di esistere umano che, se ascoltata/accolta, ne rende partecipi (cf 1,1.14.26-38).
È difficile per chi si sente “vecchio” aprirsi alla novità e credere che sia possibile il rinnovarsi del gesto creativo di Dio (cf v. 4): solo lo Spirito di Dio può farlo “dall’alto” (cf vv. 5-8).
Dall’alto di dove? Certo da Dio (come il pane nel capitolo 6,32.41-42) ma attraverso il Figlio che viene da Lui inviato (cf v. 13); ma in che modo? Da innalzato sulla croce come dono dell’amore del Padre per il mondo (cf vv. 14-17) che rende reale quanto è invece umanamente inattuabile.
L’amore gratuito di Dio (“grazia” cf 1,17) supera e sostituisce gli effetti dell’osservanza etica della Torah e dona la possibilità di “fare la Verità” che conduce alla luce (cf v. 21; 1,17), Vita stessa degli esseri umani (cf 1,4) che ora raggiunge chi a Lui si affida (“crede” cf v. 15) permettendogli di “essere se stessi”, come ha manifestato il Figlio innalzato (vv. 14-15; vedi anche 8,28; 12,32). (S. Fusti)
L’amore fa sì che la vita donata, e non “strappata via” (cf 10,18), da Gesù in poi generi “persone nuove” e sempre nuove possibilità di vita e di amare (S. Palumbieri).Uomini e donne interiormente rigenerati potranno dar vita a nuove relazioni (“nuova giustizia” evangelica cf Mt 5,20- 7,28), ad un mondo nuovo, alla “civiltà dell’amore” di cui vi fa parte chi ama e non chi pretende un’appartenenza etnica o religiosa. Una società senza frontiere e condizionamenti dal passato, aperta al presente e protesa verso il futuro (E. Borghi).
Ambientazione liturgica
+ Nelle nostre liturgie solenni la Croce apre la processione d’ingresso nell’assemblea liturgica e guida i ministri verso l’altare. Così avviene anche negli altri cortei religiosi che la Croce campeggi davanti a tutti. Lo facciamo con una certa disinvoltura, forse non sempre attenti al senso più profondo di questo rito. Chi seguiamo nella nostra esistenza? Chi è Colui che guida il nostro cammino verso la Luce della Verità? L’Evangelo di Giovanni che viene proclamato in questa celebrazione liturgica ci conduce a scoprirlo.
- Come preghiamo nel Salmo 77, la Parola ci parla in parabole il cui senso va oltre le immagini e i simboli, fosse anche quella di un “serpente di bronzo innalzato su di un’asta” per questo occorre “aprire l’orecchio” all’ascolto, gli occhi a “guardare” altrove e attraverso il male che ci “morde” [Numeri 21 – I lettura].
- È il paradosso di essere guariti dal guaritore ferito davanti al quale tutti, riconoscendo l’universale linguaggio del dolore assunto per amore, ci inginocchiamo non in un atto servile e sottomesso, ma per essere raggiunti da Colui che fin lì si è abbassato per farci risalire con Lui nell’abbraccio del Padre [Filippesi 2 – II lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre,
hai voluto salvare gli esseri umani
con la Croce del Cristo tuo Figlio,
nel quale abbiamo conosciuto
il tuo sconfinato amore,
rendici partecipi anche della sua gioia eterna.
Amen.