giovedì 30 ottobre 2025

Vicina è la Parola 1° NOVEMBRE 2025 Tutti Sante e Santi - Santità

 Vicina è la Parola

1° NOVEMBRE 2025

Tutti Sante e Santi

Apocalisse 7,2-4.9-14 / Salmo 23

1Giovanni 3,1-3

Matteo 5,12-12

Santità

«I santi e le sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme

non sono esseri umani lontani, irraggiungibili. 

Al contrario, sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra; 

hanno sperimentato la fatica quotidiana dell'esistenza 

con i suoi successi e i suoi fallimenti, 

trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino.

La santità è un traguardo che non si può conseguire 

soltanto con le proprie forze

ma è il frutto della grazia di Dio e della nostra libera risposta ad essa. 

Quindi la santità è dono e chiamata che non possiamo comperare o barattare, 

ma accogliere, partecipando così alla stessa vita divina 

mediante lo Spirito santo che abita in noi dal giorno del nostro Battesimo.

Si tratta di maturare sempre più la consapevolezza 

che siamo innestati in Cristo, come il tralcio è unito alla vite, 

e pertanto possiamo e dobbiamo vivere con Lui e in Lui da figli di Dio. 

Allora la santità è vivere in piena comunione con Dio, 

già adesso, durante il pellegrinaggio terreno».

Francesco, 1° novembre 2019


Contestualizzazione evangelica di Matteo 5,12-12

La liturgia di oggi ci propone le Beatitudini di Matteo, “l’inizio” dell’annuncio messianico del Nazareno: la proclamazione della “felicità” di appartenere al Regno di Dio.

È un passaggio provvidenziale anche perché, dopo faticose e drammatiche controversie con i farisei attestate da Luca nei capitoli 17-18 delle scorse domeniche, ritroviamo la motivazione fondamentale delle opposizioni da parte delle autorità religiose e politiche alla predicazione messianica di Gesù.

Cosa costituiscono infatti le “Beatitudini”, che Matteo pone in un’ambientazione “sinaitica” all’inizio del lungo “Discorso del monte” (cf 5,1- 7,29), se non il ribaltamento dell’impostazione teologica israelitica, a tal punto che “la folla stessa era meravigliata per i suoi insegnamenti che erano così diversi dai suoi maestri della Legge mosaica, poiché insegnava con piena autorità”?! (7,28-29).

Mosè per primo, autentico ermeneuta della Torah, nella versione presente in Deuteronomio, promette ripetutamente al popolo in ascolto la “beatitudine” a condizione che tutti i precetti in essa contenuti siano “praticati e ascoltati” (cf Dt 5,1.32; 6,24), quindi al termine di un percorso di docilità alla Toràh, a volte anche drammatico.

Gesù invece ha iniziato la sua missione tra la gente emarginata della sua regione, la Galilea, annunciando che Dio è definitivamente presente in mezzo a noi [il regno di Dio] e questa è una nuova notizia, bella e buona per tutti [l’evangelo], poiché finalmente dà la possibilità di cambiare il modo di vedere la propria esistenza [la conversione] e di comportarci con Dio e con gli altri [la giustizia].

Il cambiamento più importante, e anche il più difficile, è quello di pensare e di vivere la religione non più come un dovere, ma come un’esperienza e una promessa di felicità, di ben/essere e di buon/vivere con Dio e con gli altri, già adesso e per sempre.

Ed è Gesù che per primo realizza ogni promessa di felicità e la attua Lui stesso, con il suo vivere da Figlio del Padre, mandato per farci lo stesso dono, e infine la vuole condividere e annunciare ai suoi primi discepoli, a noi e a tutti. 

Questo è il dono della sua santità!

Di commenti alle Beatitudini ne abbiamo molti a disposizione, anche autorevoli (ultimo quello dell’amico Ernesto Borghi, Discorso della montagna, pp. 11-22).

Proverei “tradurre” così le 8 beatitudini di Matteo:

Beati coloro che si fidano solo di Dio

perché Lui è già tutto per loro.

Beati coloro che soffrono profondamente

perché sarà Dio stesso a consolarli.

Beati coloro che non sono prepotenti

perché Dio donerà a loro un mondo migliore.

Beati coloro che desiderano 

e cercano ciò che vuole Dio per loro

perché Lui per primo lo realizzerà.

Beati coloro che provano amore e tenerezza per gli altri

perché Dio avrà a cuore la loro miseria.

Beati coloro che sono semplici e sinceri 

perché Dio si farà conoscere a loro.

Beati coloro che realizzano la pace

perché Dio li considererà suoi figli.

Beati coloro che sono maltrattati

per aver compiuto ciò che Dio vuole

perché Lui è già tutto per loro.


Ambientazione liturgica

+ Il Vaticano II dice che la Liturgia è “culmine e fonte della vita cristiana”; in Matteo, la beatitudine di poterla vivere è proclamata da subito, fin dall’inizio: il Vangelo di Gesù ci fa partire da dove altri arrivano!

- Anche noi oggi “saliamo al monte del Signore” anche se non “abbiamo mani innocenti e cuore puro”; eppure Lui ci ha chiamati “nel suo luogo santo” e così ci santifica manifestandoci in Gesù “il suo volto” [Salmo 23].

- Questo è rivoluzionario anche rispetto al conseguimento della “santità” che festeggiamo oggi: sapere di essere realmente figli amati dal Padre e avere speranza in Lui anche se il mondo sembra non riconoscerci come tali, e se spesso nemmeno noi lo abbiamo chiaro [1Giovanni 3 – II lettura].

- La nostra gioia più grande dovrebbe essere quella di far parte di quella “moltitudine immensa e che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua… che hanno attraversato la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole bianche nel sangue dell’Agnello” [Apocalisse 7 – I lettura].


Preghiamo con la Liturgia

Padre misericordioso ed eterno,

che ci doni la gioia di celebrare in un’unica festa
la gloria di tutti i Santi e Sante,

concedi al tuo popolo,
per la comune intercessione di tanti nostri fratelli e sorelle,
l’abbondanza della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Amen.

Sulla morte, del Patriarca Atenagora I

“Tutto ha un senso, anche tu hai un senso. 

Per questo tu non morirai affatto e quelli che tu ami, 

anche se li credi morti, non moriranno. 

Ciò che è vivo e bello, fino all’ultimo filo d’erba,

fino a quest’istante che fugge e nel quale hai sentito le tue vene pulsare di vita,

tutto sarà ormai vivo per sempre. 

Anche la sofferenza così come la morte ha un senso 

e diventano sentieri di vita. 

Tutto infatti è già vivente, perché Gesù è risorto”.


giovedì 23 ottobre 2025

VICINA È LA PAROLA 26 OTTOBRE 2025 DOMENICA XXX/C …dal basso

 VICINA È LA PAROLA 

26 OTTOBRE 2025 

DOMENICA XXX/

Siracide 35,15…22 / Salmo 33 

2Timoteo 4,6-8. 16-18 

Luca 18,9-14 

…dal basso 

Chi si pone in un atteggiamento che non giudica e non rinfaccia, magari a sua volta ha  ricevuto attenzione e aiuto proprio in un momento nel quale stava davvero “giù”, come si dice… Qualcuno che ti è stato vicino è riuscito anche darti una mano, ti ha risollevato, non solo ti ha rimesso  in piedi… ma in qualche modo ti ha fatto “risorgere”. 

La consapevolezza delle proprie fragilità e inadeguatezze ci preserva dall’usare maschere e  dal ritenerci capaci di farcela da soli; gli eventi dell’esistenza spesso scardinano la nostra  presunzione e la nostra autosufficienza… e se così non fosse, la preghiera ci offre questa possibilità  di metterci a nudo davanti a chi ci accoglie, ci avvolge, ci sostiene con infinito amore… a Chi  facendosi uomo è sceso fin al nostro livello ed anche più giù: amandoci “dal basso”. 

Contestualizzazione evangelica di Luca 18,9-14 

Siamo ormai nella parte finale e conclusiva del cammino di Gesù verso Gerusalemme (cc.  9,51-19,29), ma l’evangelo del Dio misericordioso stupisce sempre di più coloro che  inaspettatamente si sentono raggiunti dalla gratuità della salvezza e con gratitudine si aprono ad  accoglierlo nella loro esistenza, manifestando così una fede disarmata ma assoluta nei suoi  confronti: la gioia di essere salvati! 

Questi sono gli ultimi passi del percorso coinvolgente e sconcertante per chi, come i farisei,  ritengono di essere giustificati dalla loro cieca e ipocrita osservanza della Torah ascrivendo a se stessi  i meriti di questa conquista (cf 16,15)e addirittura “disprezzano gli altri” (cf 18,9) che invece, senza  meritarlo affatto -in quanto esattori delle tasse e gente di malaffare- però “si avvicinavano a Gesù  per ascoltarlo”; soprattutto quelli mormoravano contro di Lui che li riceve e addirittura mangia con  loro (cf 5,29-32; 15,1-3). 

Le parabole che continuamente il Nazareno propone non fanno altro che chiarire in modo  inquietante il volto inatteso di Dio, provando in tutti l’imbarazzo di doversi interrogare e prendere  posizione. Il racconto evangelico di Luca le presenta in modo esclusivo, tale da caratterizzare la  gratuità dell’amore che sovverte ogni criterio e costituisce il vero modo di stare in rapporto con Dio. 

La parabola proclamata nella liturgia della Parola di questa domenica raggiunge il culmine di  questa esperienza nel salire al Tempio e discendere a casa giustificati (cf. vv. 10 e 14).

L’esattore delle tasse manifesta chiaramente la sua totale incapacità di vivere non solo in  una giusta relazione con Dio ma anche con sé stesso e con gli altri. 

Il fariseo “prega sé stesso” e Dio deve solo mettere la firma alla sua autocertificazione;  mentre lui si elogia il Signore, uscito dal Tempio, aspetta a casa sua il pubblicano giustificato, come  con Zaccheo! (cf 19,1-10). 

Ambientazione liturgica 

+ Anche noi “saliamo al Tempio” dalle nostre case … ma come ci ritorniamo? [Evangelo] Che esperienza abbiamo condiviso con i nostri fratelli e sorelle nella celebrazione  eucaristica? 

- È proprio la I lettura tratta dalla parte di Siracide dedicata al culto autentico (cf 34,18- 35,18) a metterci in guardia sul nostro ricorrente atteggiamento di voler “accattivare” l’attenzione  del Signore su di noi e sui nostri problemi, in modo esclusivo… a volte quasi a scapito degli altri. Mentre chi è povero, che nulla si aspetta e pretende, sperimenta gratuitamente il suo amore. 

- Sono proprio i poveri, vitale componente della chiesa comunità credente, a cantare la loro  esperienza gioiosa di una liberazione inattesa e imprevista. [Salmo 33]  

- Così ci colpisce la consapevolezza di Paolo della sua assoluta povertà come discepolo e  come apostolo in cammino sulle tracce del suo Signore nel dono di sé stesso. È Lui a liberarlo dal  male, a sostenerlo e a dargli forza, a giustificarlo in base all’amore vigilante condiviso con tutti i  poveri “che con amore attendono al sua manifestazione”. [2Timoteo 4 – II lettura

+ La nostra partecipazione all’evento pasquale di Cristo è una “liturgia vivente” (cf Romani 12,1) che si compie nel vissuto quotidiano segnato dalla solitudine, dal fallimento,  dall’emarginazione. La consapevolezza della comunione in Lui con tutti i poveri del mondo non ci fa  sentire fuori posto o inutili, ma seme autentico di vita nuova. 

Preghiamo con la Liturgia 

Dio nostro Padre, 

che sempre ascolti la preghiera dell'umile, 

guarda a noi come al pubblicano penitente, 

e fa' che ci apriamo con fiducia  

alla tua misericordia, 

che da peccatori ci rende giusti. 

Amen.


Vicina è la Parola 1° NOVEMBRE 2025 Tutti Sante e Santi - Santità

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